martedì 21 febbraio 2012

La conclusione (o perfezionamento) del contratto, la proposta irrevocabile, il patto di opzione e il diritto di prelazione

Oggi durante l'ora di diritto abbiamo letto le pagine relative alla conclusione (o perfezionamento) del contratto, alla proposta irrevocabile e al diritto di prelazione.

LA CONCLUSIONE (O PERFEZIONAMENTO) DEL CONTRATTO

Stabilisce l'art. 1326, comma 1, c.c.:

Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.

Individuare tale momento è di grande importanza perché solo da quell'istante i contraenti sono giuridicamente vincolati.
Possono verificarsi, a tale proposito, le seguenti ipotesi:

- I contraenti sono presenti oppure comunicano per telefono (sono, dunque, virtualmente presenti). In questo caso l'accettazione è immediatamente conosciuta dal proponente e il contratto si conclude all'istante. Tranne casi particolari, non è necessario, per il perfezionamento del contratto, che si dia inizio alle reciproche prestazioni. Le parti rimangono vincolate appena è stato raggiunto un accordo e nella maggior parte dei casi è sufficiente un accordo verbale;

- I contraenti sono distanti e comunicano tra loro per lettera, fax o altro mezzo. In questo caso, come prevede l'art. 1326 c.c., il contratto si perfeziona solo quando il proponente, ricevendo l'accettazione, ne prende conoscenza.

E se nel frattempo il proponente ci avesse ripensato?

L'ipotesi non è improbabile. Immaginiamo che un imprenditore, dopo aver inviato a un suo cliente la proposta di vendita di una partita di merce, riceva da un terzo un'offerta di acquisto più vantaggiosa. Che cosa può fare se nel frattempo gli è già arrivata la lettera di accettazione da parte del primo cliente?
Non potrebbe sostenere, per liberarsi dall'impegno, di non averne potuto prendere conoscenza perché, per esempio, era in viaggio?

Rende inutile il ricorso a questo tipo di espedienti l'art. 1335 c.c. rubricato presunzione di conoscenza:
La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona, si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.

Con tale disposizione l'ordinamento opera una presunzione legale di conoscenza: da un fatto noto (l'accettazione è giunta all'indirizzo del destinatario) risale a un fatto ignoto (il destinatario ha conosciuto il contenuto della comunicazione).

E se il destinatario non avesse potuto conoscere la dichiarazione perché era in viaggio d'affari o perché il documento è casualmente sfuggito all'attenzione sua o della sua segretaria?

Queste situazioni sono irrilevanti. La norma consente al destinatario di rimuovere gli effetti della presunzione provando di essere stato senza sua colpa nell'impossibilità di conoscere la dichiarazione, ma la giurisprudenza opera un'interpretazione molto restrittiva di questa disposizione. Come ha chiarito la Cassazione, il destinatario potrà superare la presunzione di conoscenza solo provando che questa è dovuta al prodursi di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà come la forzata lontananza in un luogo non conosciuto e non raggiungibile né telefonicamente né per via epistolare (Cass. 1985m n. 450).

Non c'è dunque, in tema di contratti, alcuna possibilità di tornare sulle dichiarazioni fatte?

Non esattamente. Entro limiti di tempo piuttosto contenuti, si può revocare sia la proposta che l'accettazione.

Dispone in proposito l'art. 1328 c.c. che:

- La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso.
- L'accettazione può essere revocata purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione.

Semplificando:

- Se abbiamo inviato una proposta a un cliente e siamo in attesa della sua accettazione, possiamo sottrarci al nostro impiego revocando la proposta con un fax, un telegramma o per telefono, prima che giunga al nostro indirizzo l'accettazione del cliente che perfeziona il contratto;
- Se viceversa, avendo ricevuto noi la proposta, abbiamo spedito l'accettazione del contratto, ma a ogni dichiarazione diretta a persona determinata (Cass. 1992, n. 3908).

Ciò vuol dire, per esempio, che l'avviso di convocazione di un'assemblea o la comunicazione di assunzione o di licenziamento, o la lettera di incarico per una supplenza annuale, si danno per conosciuti dal destinatario quando giungono al suo indirizzo.

LA PROPOSTA IRREVOCABILE

Supponiamo di rivolgerci al titolare di un autosalone per chiedergli di vedere la nostra vecchia auto. Questo potrà essere disposto a impiegarsi per trovarci un compratore ma, ragionevolmente, vorrà essere garatito sulla serietà delle nostre intenzioni. Se dopo qualche giorno avessimo un ripensamento, infatti, egli avrebbe lavorato inutilmente.
E' possibile, allora che ci inviti a sottoscrivere una proposta irrevocabile di vendita. Di che cosa si tratta?

La proposta irrevocabile è una proposta di contratto che il proponente si impegna a non revocare prima del termine stabilito.

Dispone, in proposito, il primo comma dell'art. 1329 c.c.: Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto.

In questo tipo di accordo è fondamentale che venga stabilito un termine perché l'ordinamento non favorisce vincoli perpetui. In mancanza del termine, la proposta deve comunque considerarsi revocabile, a prescindere dalla qualificazione che le è stata data (Cass. 1987, n. 3339).

IL PATTO DI OPZIONE

Il termine deriva dal verbo optare, che significa scegliere.
Supponiamo che ci sia un'azienda in vendita. Noi siamo interessati all'acquisto ma ci serve un po' di tempo per rifletterci o per controllare che si verifichino talune occasioni.

Per evitare che nel frattempo l'azienda venga venduta ad altri, possiamo concludere con il venditore un patto di opzione.

L'opzione è un accordo (un vero e proprio contratto) previsto dall'art. 1331 c.c., con il quale una delle parti si obbliga a mantenere ferma la sua proposta e l'altra si riserva il diritto di accettarla o di rifiutarla entro il termine stabilito.

IL DIRITTO DI PRELAZIONE

Il termine prelazione significa preferenza.

Il diritto di prelazione è il diritto di essere preferiti ad altri, a parità di condizioni, nella eventuale conclusione di un futuro contratto.

Tale diritto può derivare dalla legge, e allora si parla di prelazione legale, oppure da un accordo fra le parti, e allora si parla di prelazione volontaria.

Alcune ipotesi di prelazione legale sono previste, per esempio:

- Dalla l. n. (legge numero) 392 del 27 Luglio 1978, per la quale il proprietario che vuole alienare un immobile urbano locato per uso non abitativo deve prima offrirlo a parità di condizioni, al conduttore;
- Dall'art. 732 c.c. per il quale il coerede che intenda alienare la propria quota di eredità deve prima offrirla, a parità di condizioni, agli altri coeredi.

E se il diritto di prelazione legale non venisse rispettato?

Immaginiamo di aver ereditato una casa insieme a un nostro cugino e supponiamo che questo abbia ceduto la propria quota a un'impresa immobiliare senza averla prima offerta a noi. Cosa possiamo fare?
La prelazione legale consente di ottenere la restituzione della cosa anche dal terzo che l'abbia acquistata in violazione del diritto di prelazione (art. 732 c.c.).

Un'ipotesi di prelazione volontaria ci è offerta da questo esempio: immaginiamo di essere titolari di una TV privata e di essere interessati a comperare una emittente minore che tra breve potrebbe essere messa in vendita. Per assicurarci l'acquisto possiamo cercare di concludere con il proprietario un accordo nel quale conveniamo che, se e quando l'emittente in questione sarà posta in vendita, prima che ad altri e a parità di prezzo, verrà offerta a noi.

E se il patto di prelazione volontaria non venisse rispettato?

In questo caso, il titolare del diritto può chiedere il risarcimento del danno.

Ci sembra opportuno, a questo punto, sottolineare la differenza tra prelazione e opzione:

- Chi è titolare di un diritto di opzione si trova nella posizione di poter decidere se concludere oppure no il contratto di cui sono stati già fissati gli estremi;
- Chi è titolare di un diritto di prelazione può solo pretendere di essere preferito a terzi se e quando l'altra parte deciderà di contrattare.

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