giovedì 22 dicembre 2011

Esercizi sulle disequazioni frazionarie e sistemi di disequazione

Oggi durante l'ora di matematica l'insegnante ci ha consegnato un foglio raffigurante delle disequazioni frazionarie e dei sistemi di disequazione.

Di seguito vi riporto la foto che ho scattato al foglio in modo che anche voi possiate verificare le vostre conoscenze. Accanto ad ogni disequazione c'è scritto il risultato.

mercoledì 21 dicembre 2011

La modificazione dei soggetti nelle obbligazioni

Oggi durante l'ora di diritto abbiamo fatto uno schema alla lavagna relativo alle modificazioni dei soggetti nel rapporto delle obbligazioni.

Di seguito vi riporto lo schema che ho riportato su un foglio.



Con la cessione del credito un soggetto trasferisce a un terzo il credito che vanta nei confronti del debitore.

Si ha surrogazione quando un soggetto, adempiendo un debito altrui, assume i diritti che il creditore aveva verso il debitore.

La delegazione è un negozio giuridico con il quale un soggetto delega un terzo pagare un suo debito.

L'espromissione, prevista dall'art. 1272 c.c., è l'istituto per cui un terzo, senza alcuna delegazione da parte del debitore, spontaneamente ne assume il debito verso il creditore.

L'accollo, previsto dall'art. 1273 c.c., è il contratto con il quale una parte assume il debito che l'altra ha verso un terzo.

mercoledì 14 dicembre 2011

Esercizi sulla parabola

Oggi durante l'ora di matematica l'insegnante ci ha consegnato un foglio con degli esercizi di matematica da svolgere.

Di seguito vi riporto la foto che ho scattato a tale foglio, in questo modo potrete esercitarvi anche voi e verificare le vostre capacità in materia. Sul foglio vengono riportati anche i risultati che troverete tra le parentesi quadre.

Obbligazione solidale, obbligazione parziaria e obbligazioni pecuniarie

Oggi durante l'ora di diritto è stato spiegato il concetto di obbligazione solidale, di obbligazione parziaria e di obbligazioni pecuniarie.

L'obbligazione solidale consente al creditore di pretendere l'intera prestazione anche da uno solo dei condebitori.

L'obbligazione parziaria consente a ciascuno dei condebitori di conseguire solo la propria parte di prestazione.

Le obbligazioni pecuniarie sono delle obbligazioni che hanno per oggetto la consegna di una somma di denaro.

mercoledì 7 dicembre 2011

Esercizi sui verbi in inglese

Oggi durante l'ora di inglese l'insegnante ci ha consegnato due fogli con degli esercizi sui verbi in inglese.

Di seguito vi riporto le foto dei due fogli, in modo che possiate esercitarvi anche voi.


Esercizi sulla situazione patrimoniale

Oggi durante l'ora di economia aziendale l'insegnante ci ha consegnato due fotocopie relative a degli esercizi sulla situazione patrimoniale.

Di seguito vi riporto le foto delle due fotocopie.


giovedì 1 dicembre 2011

Esercizi sui vettori in informatica

Oggi durante l'ora di informatica abbiamo svolto degli esercizi sui vettori.

Di seguito vi riporto gli esercizi sui vettori che sono stati svolti con i relativi testi e le relative foto inerenti alla soluzione del comando richiesto.

Visualizzare i gol fatti da una squadra da cui si immette il nome da tastiera.


Dati i vettori dip(i), ruolo(i) e stipendio(i), visualizzare lo stipendio medio dei dipendenti elettricisti e contare quanti elettricisti hanno uno stipendio compreso tra 1000 e 2000 euro.

martedì 29 novembre 2011

Schema dei verbi al futuro in inglese

Oggi durante l'ora di inglese l'insegnante ha riportato uno schema alla lavagna relativo ai verbi al futuro in inglese.

Di seguito vi riporto tale schema che ho scritto sul mio quaderno.

La domanda individuale, collettiva, la funzione e la legge della domanda

Oggi durante l'ora di economia politica sono stati spiegati i concetti della domanda individuale, della domanda collettiva, della funzione della domanda e della legge della domanda.

La domanda individuale:

per domanda individuale si intende la quantità di una determinata merce (bene o servizio) che un soggetto è disposto ad acquistare a un certo prezzo in un dato momento storico.
La domanda individuale quindi non indica i beni o i servizi effettivamente acquistati, ma quelli che il consumatore ha intenzione di acquistare a un prezzo determinato.
Essa varia da soggetto a soggetto, in relazione ai gusti, agli interessi e alle necessità di ognuno e al periodo storico cui si riferisce.

La domanda collettiva:

la domanda collettiva è la somma delle domande individuali.

La funzione della domanda:

la relazione tra la domanda e i fattori che la influenzano prende il nome di funzione della domanda.

La domanda individuale di un determinato bene o servizi che chiameremo A (Da) è in funzione (f) dei seguenti elementi (a ciascuno dei quali, per comodità espositiva, attribuiamo dei simboli identificativi):

- del suo prezzo (Pa)
- del prezzo dei beni o servizi complementari di A (Pca)
- del prezzo dei beni o servizi succedanei di A (Psa)
- del reddito del soggetto acquirente (Y)
- di elementi soggettivi, come i gusti, l'influenza della pubblicità, la moda, le motivazioni psicologiche, sociologiche, etc. (G)

Pertanto la funzione della domanda può essere espressa nel seguente modo:

Da = f (Pa), f (Pca), f (Psa), f (Y), f (G).

La legge della domanda:

la domanda di un bene varia in funzione inversa rispetto al suo prezzo: al crescere del prezzo la domanda diminuisce e viceversa.

giovedì 24 novembre 2011

Retta tangente alla parabola

Oggi durante l'ora di matematica abbiamo svolto un esercizio sulla retta tangente a una parabola.
Di seguito vi riporto l'esercizio che è stato svolto in classe.

Comando dell'esercizio:

Determinare le equazioni delle rette passanti per i punti P (1;7) e y=-x^2+4.

Esercizio svolto:

lunedì 21 novembre 2011

La spedizione di Luigi XII, la Lega di Cambrai e dalla Lega santa alla pace di Noyon

Oggi durante l'ora di storia abbiamo letto le pagine relative alla spedizione di Luigi XII, la lega di Cambrai e gli avvenimenti dalla Lega santa alla pace di Noyon.

La spedizione di Luigi XII:

sul trono di Francia a Carlo VIII (che muore nel 1498) succede Luigi XII (1498-1515), che decide di seguire la politica italiana del predecessore, organizzando una nuova spedizione militare nella penisola per rivendicare, con un nuovo pretesto dinastico (la parentela con i Visconti, antichi signori della città), anche Milano, oltre che Napoli. La conquista di Milano e lo spodestamento di Ludovico il Moro sono operazioni compiute con grande facilità nell'autunno del 1499.
Dopodichè Luigi XII passa a occuparsi di Napoli.
Memore dell'insuccesso di Carlo VIII, prepara la spedizione con un accordo diplomatico preliminare, stipulato in segreto col re di Spagna, Ferdinando d'Aragona, nel 1500: il trattato di Granada, che prevede una spartizione del Regno di Napoli tra Francia e Spagna; ma una volta avviata la spedizione, e facilmente abbattuta la dinastia aragonese napoletana, sorgono i disaccordi tra i due contraenti del trattato e la spedizione si trasforma in una guerra tra Francia e Spagna, da cui nel 1503 emerge vincitore l'esercito spagnolo; con l'armistizio di Lione (1504), che chiude questa guerra, il Regno di Napoli viene assegnato alla Spagna, mentre la Francia continua a controllare il Ducato di Milano.

La lega di Cambrai:

nel 1503 muore Alessandro VI e con l'elezione di un nuovo pontefice Giulio II della Rovere (1503-13), crolla l'abbozzo di Stato che il figlio di Alessandro VI, Cesare Borgia, detto il Valentino (1475 ca.-1507), era riuscito a costruirsi tra il 1499 e il 1503, con l'appoggio del padre, in un'area piuttosto vasta, compresa tra le Marche e la Romagna. Il dominio del Borgia viene attaccato da due parti: da Venezia e dallo Stato pontificio.
L'impressione di una eccessiva capacità di espansione di Venezia e, al tempo stesso, il desiderio coltivato dall'imperatore Massimiliano I di espandere i possedimenti asburgi verso il Veneto fanno sì che nel 1508 si costituisca la Lega di Cambrai: diretta contro Venezia, a essa partecipano, oltre che l'imperatore Massimiliano e papa Giulio II, anche il re di Francia - Luigi XII, e il re di Spagna - Ferdinando. Soverchiato da forze militari preponderanti, l'esercito della Repubblica di Venezia viene sbaragliato ad Agnadello nel 1509. Quando la dissoluzione della repubblica sembra inevitabile, a salvarla provvede la tenace resistenza delle popolazioni rurali e dei ceti popolari urbani, che rendono difficile il movimento delle truppe della Lega; al tempo stesso l'efficace azione diplomatica del governo veneziano riesce ad aprire dei contrasti tra gli attaccanti, cosicchè si arriva a un accordo che salva l'integrità della repubblica, pur privandola delle terre e dei porti che si era assicurata nelle Romagne, nel Polesine e in Puglia.

Dalla Lega santa alla pace di Noyon:

conclusa la pace con Venezia, per iniziativa del papa Giulio II si forma una diversa alleanza in funzione antifrancese: si tratta della Lega santa, alla quale partecipano Venezia, l'Inghilterra la Spagna, la Confederazione svizzera. Nel 1512 la Lega costringe i francesi ad abbandonare Milano, dove viene ricondotto come duca Massimiliano Sforza (1512-30), figlio di Ludovico il Moro.
Intanto a Firenze l'esercito spagnolo chiude l'esperienza del governo repubblicano e reimpone il dominio mediceo. Nel 1513 muore Giulio II; il nuovo pontefice è il secondo-genito di Lorenzo il Magnifico, cioè Giovanni de' Medici, che assume il nome di Leone X (1513-21); il potere dei Medici è completato dalla nomina ad arcivescovo di Firenze del cardinale Giulio de' Medici (1523-34), cugino di Giovanni (e destinato anch'egli a un futuro da papa, col nome di Clemente VII).
In Francia, alla morte di Luigi XII, avvenuta nel 1515, gli succede Francese I (1515-47), che in quello stesso anno tenta ancora una volta la via della spedizione italiana per riprendersi Milano: dopo una buona preparazione militare, il suo esercito - che vanta una dotazione di ben 100.000 uomini - sconfigge a Marginano l'esercito organizzato da Spagna, Impero Impero e Ducato di Milano, il suo cuore è costituito dalla fanteria svizzera, e in tal modo si impadronisce di nuovo del Ducato di Milano. L'anno seguente (1516) il re di Francia stipula con le maggiori potenze dell'epoca (Spagna, Impero, Confederazione elvetica, Stato pontificio) la pace di Noyon, con la quale riconosce alla Francia il possesso del Milanese e alla Spagna il possesso del Regno di Napoli.

La teoria del consumo dei marginalisti, l'utilità economica, marginale, totale, ponderata e il punto di equilibrio

Oggi durante l'ora di economia politica abbiamo letto le pagine relative alle scelte per il consumo, l'utilità economica e la ricerca dell'equilibrio attraverso la funzione di utilità.

Di seguito vi riassumo gli argomenti che sono stati trattati durante in questa ora di lezione.

La teoria del consumo dei marginalisti:

il consumatore ragiona sulla base dell'utilità marginale. Poichè questa è decrescente solo riducendo il prezzo è possibile un aumento delle quantità domandate.
L'analisi marginalista è di tipo microeconomico, vale a dire studia esclusivamente il comportamento del singolo agente e non il fenomeno del consumo nel suo complesso, ritenendo che il fenomeno generale altro non sia che la semplice somma dei singoli comportamenti individuali.
Infine, essa parte dal presupposto che il consumatore, nel suo agire, sia mosso esclusivamente da esigenze razionali e utilitaristiche, cercando di ottenere il massimo risultato impiegando il minimo di risorse, ovvero la massima soddisfazione con i mezzi di cui dispone (principio del tornaconto), spinto unicamente dal fine egoistico di trarne un vantaggio personale (principio edonistico).

L'utilità economica:

l'utilità, nel lessico specifico dell'economia è l'idoneità di un bene a soddisfare un bisogno.
L'utilità economica ha carattere soggettivo, cioè cambia da individuo a individuo, così come i bisogni di ciascuno ed è variabile, vale a dire muta a seconda delle circostanze di tempo, di ambiente, di clima, etc.

L'utilità marginale:

l'utilità marginale è la soddisfazione che un individuo trae dal consumo di un bene.
L'utilità marginale decrescente afferma che all'aumentare del consumo di un bene, l'utilità marginale di quel bene diminuisce.

L'utilità totale:

l'utilità totale è la somma delle utilità delle singole dosi del bene.

Il punto di equilibrio:

il punto di equilibrio del consumatore è la condizione ottimale che rende la massima utilità.

L'utilità marginale ponderata:

l'utilità marginale ponderata è il rapporto tra l'utilità marginale del bene e il suo prezzo.

mercoledì 16 novembre 2011

I cicli dell'attività aziendale

Oggi durante l'ora di economia aziendale abbiamo letto le pagine relative ai cicli dell'attività aziendale.

I cicli dell'attività aziendale:

la gestione è caratterizzata da una continua successione di cicli produttivi (o processi produttivi) che si intrecciano e si avvicendano senza interruzione.
Ciascuno di essi abbraccia un arco di tempo più o meno ampio, all'interno del quale è possibile distinguere tre differenti cicli i durata variabile, tra loro strettamente collegati, la cui combinazione, se organizzata in modo efficace ed efficiente, permette di raggiungere il fine aziendale.

Distinguiamo, infatti:

- il ciclo monetario;
- il ciclo economico;
- il ciclo tecnico.

Il ciclo monetario inizia con l'impiego di mezzi monetari nell'acquisizione di fattori produttivi e si conclude con la trasformazione dei prodotti in quantità monetarie; in altri termini, esso è l'arco temporale compreso tra il pagamento dei fattori produttivi acquistati (uscita monetaria) e la riscossione del prezzo di vendita dei prodotti (entrata monetaria).

Il ciclo economico inizia con il sostenimento dei costi per l'acquisizione di fattori produttivi e termina con il conseguimento dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti.
E' opportuno sottolineare ce il momento della acquisizione dei fattori produttivi (cioè il sostenimento del costo) spesso non coincide con quello del pagamento del relativo prezzo (cioè dell'uscita monetaria). In questo caso, che è il più frequente, ciclo economico e monetario hanno date di inizio differenti. Lo stesso vale per la vendita di prodotti (conseguimento del ricavo), che spesso non coincide con il momento della riscossione del relativo prezzo (entrata monetaria). In questa ipotesi, ciclo economico e monetario terminano in date differenti.

Il ciclo tecnico coincide con l'attività di produzione attuata dall'azienda (ad esempio la trasformazione delle materie prime in prodotti finiti nelle imprese industriali). Esso inizia con l'impiego dei fattori produttivi e termina con l'ottenimento del bene o la prestazione del servizio.
L'ampiezza di questo ciclo dipende dalle caratteristiche tecniche della produzione attuata. Le imprese che realizzano produzioni complesse ne hanno ovviamente uno più lungo di quello delle imprese che si dedicano a produzioni più semplici. Anche il grado di automazione del processo produttivo influisce sulla durata del ciclo tecnico, nel senso che la semplificazione delle frasi di lavorazione lo rende più breve.

L'azione di reintegrazione e di manutenzione

Oggi durante l'ora di diritto i nuovi argomenti che sono stati spiegati sono l'azione di reintegrazione e di manutenzione.

Vi riassumo brevemente ciò che è stato detto.

L'azione di reintegrazione:

con l'azione di reintegrazione il possessore chiede la restituzione immediata del bene che gli è stato sottratto di nascosto con la forza.

Dispone l'art. 1168, commi 1 e 3, c.c.: Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione nel possesso medesimo.
(...)
La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.
La particolarità di quest'azione è nel fatto che l'attore deve provare solo che possedeva il bene e ne è stato spogliato di nascosto o con la forza. Il giudice non vorrà neppure sapere se il suo possesso era di buona o di mala fede e senza indugio ordinerà allo spogliante di restituire la cosa.
Perchè? Perchè, come abbiamo detto, non è ammissibile che qualcuno si faccia giustizia da sè.

L'azione di manutenzione:

con l'azione di manutenzione il possessore, molestato nel godimento dei suoi beni, chiede al giudice di far cessare la molestia.
Notiamo subito che mentre la reintegrazione serve a recuperare il possesso, la manutenzione serve a proteggerlo.

lunedì 14 novembre 2011

La spedizione di Carlo VIII

Oggi durante l'ora di storia abbiamo letto la pagina relativa alla spedizione di Carlo VIII

Carlo VIII si muove nel settembre del 1494, entrando prima a Milano e poi - nel suo movimento verso Napoli - a Firenze. Qui, dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, l'egemonia politica è passata al figlio di costui, Piero de' Medici (1492-1503), che non fa il minimo gesto per opporsi all'avanzata dell'esercito francese: la scelta gli è dettata dalla preoccupazione che una guerra contro quello che - all'epoca - si presenta come uno dei più potenti eserciti del mondo possa mettere in pericolo la sua autorità politica, già piuttosto incerta.
Carlo VIII. abbandonata la Toscana, si muove rapidamente verso sud e nel febbraio del 1495 occupa Napoli con grande felicità; il nuovo re di Napoli, Ferdinando II d'Aragona (195-96), fugge con la corte in Sicilia. A questo punto, il facile successo francese rischia di dilagare e suscita preoccupazioni in Italia e fuori d'Italia, cosicchè si forma una Lega antifrancese, che comprende Venezia, Ludovico il Moro (ormai duca di Milano dopo la morte di Gian Galeazzo, avvenuta nel 1494), il papa (Alessandro VI Borgia), Massimiliano d'Asburgo, Ferdinando e Isabella di Spagna. Carlo VIII deve abbandonare Napoli per ricondurre il suo esercito in Francia, cosa che gli riesce, dopo aver facilmente battuto a Fornovo, nel luglio del 1495, le truppe della Lega impegnate nel tentativo di sbarrargli il passo. A Napoli, intanto, si reinsedia Ferdinando II d'Aragona.

venerdì 11 novembre 2011

Quiz sulla parabola

Oggi durante l'ora di matematica l'insegnante ci ha consegnato due fogli con dei quiz relativi alla parabola.

Io ho già svolto tutti i quiz. Si è trattato di segnare la casella (A, B, C o D) avente la risposta corretta.

Di seguito vi riporto le foto dei fogli che sono stati consegnati, quindi se volete potete esercitarvi un po' studiando la teoria e provare a rifare i quiz senza guardare le caselle che ho già segnato (vi consiglio di guardarle quando avete finito di fare i quiz per verificare se la casella che avete segnato corrisponde a quella corretta).



mercoledì 9 novembre 2011

I vettori in informatica

Oggi durante l'ora di informatica è stato spiegato il concetto dei vettori.

Cliccando qui, potrete trovare tutte le spiegazioni e concetti relativi ai vettori in informatica.

La restituzione dei frutti

Oggi durante l'ora di diritto abbiamo letto le due pagine relative alla restituzione dei frutti.

La restituzione dei frutti:

i frutti, come abbiamo spiegato nel capitolo 1, sono i beni prodotti da altri beni. Può trattarsi di:

- frutti naturali, come i prodotti della terra o i parti degli animali;
- oppure frutti civili, come i canoni di locazione, gli interessi, le rendite e così via.

Ora supponiamo che, dopo una lunga vertenza giudiziaria, ci venga finalmente restituito un appartamento di cui il convenuto si era impossessato. La domanda che dobbiamo porci è: i frutti (per esempio i canoni di locazione) che il bene ha prodotto in questi anni rimangono al convenuto o possiamo pretendere che ci vengano consegnati?

Regolano i diritti e gli obblighi del possessore nella restituzione dei frutti, sia naturali che civili, gli artt. 1148-11159 c.c., che possiamo così sintetizzare:

- se il possessore era in buona fede (per esempio si era impossessato di un bene immobile che fondatamente riteneva gli fosse stato trasmesso per via ereditaria) dovrà restituire solo i frutti (per esempio i canoni di locazione) percepiti dal momento in cui è stata proposta domanda giudiziale di restituzione;
- se tra la proposizione della domanda e la riconsegna del bene, il possesso di buona fede non si è curato di percepire i frutti (immaginando che avrebbe dovuto restituirli al proprietario) dovrà pagare una somma pari al valore di quelli che avrebbe potuto percepire con la normale diligenza;
- se il possessore era in mala fede dovrà restituire, invece, tutti i frutti che ha percepito fin dall'inizio del possesso o quelli che avrebbe potuto percepire con la normale diligenza;
- in ogni caso, se il possessore ha sostenuto spese per la raccolta dei frutti che restituisce e per le riparazioni straordinarie del bene, avrà diritto al rimborso.

lunedì 7 novembre 2011

L'impero ottomano

Oggi durante l'ora di storia abbiamo letto le due pagine relative all'impero ottomano.

L'impero ottomano:

Principato di Mosca, Boemia, Polonia e, soprattutto, Ungheria sono fra gli Stati che abbiamo appena ricordato quelli più esposti all'espansione dei turchi ottomani.

Infatti, dopo la conquista di Costantinopoli, tra la metà del XV secolo e gli anni Venti del XVI, l'avanzata ottomana a ovest e nel Mediterraneo sembra inarrestabile. L'Impero stende il suo dominio sulla Serbia, sulla Bosnia, sulla Grecia, sull'Albania, compiendo incursioni e scorrerie nell'Adriatico, fino a Venezia e al Friuli. Tra 1516 e 1517 le truppe ottomane occupano Siria ed Egitto; e ciò significa controllare anche l'accesso alla Mecca e a Medina, luoghi santi dell'islam. Pirati turchi si insediano a Tripoli, a Tunisi, in Algeria, costituendovi avamposti per l'ulteriore espansione dell'Impero.
Ma successi non meno spettacolari sono quelli conseguiti da Solimano il Magnifico (1520-66), che nel 1520 succede al padre Selìm alla guida dell'Impero. Nel 1522 conquista Rodi, cacciando dall'isola i cavalieri dell'ordine di S. Giovanni, che vi si erano insediati sin dal 1310: si tratta di un avamposto importante per l'ulteriore espansione nell'Egeo. Intanto nel 1521 Solimano ha già conquistato Belgrado e ha mandato ambasciatori a Buda a chiedere dei tributi; avendo ricevuto un netto rifiuto da re Luigi di Ungheria decide di attaccarne il regno: la vera offensiva ha luogo nel 1526, e culmina con la battaglia di Mohàcs, nella quale l'esercito di re Luigi viene travolto e lui stesso vi resta ucciso.
L'episodio ha un duplice rilievo: da un lato - come si è visto - la morte di Luigi apre la strada alla successione asburgica sui troni di Boemia e Ungheria; dall'altro una parte cospicua del territorio del Regno di Ungheria viene persa ed entra a far parte del dominio ottomano.
I turchi, adesso, avanzano verso il cuore dell'Europa e nel 1529 pongono sotto assedio Vienna.

venerdì 4 novembre 2011

La gestione e le sue caratteristiche

Oggi durante l'ora di economia aziendale abbiamo letto le due pagine relative alla gestione aziendale e le sue caratteristiche.

La gestione aziendale e le sue caratteristiche:

lo svolgimento dell'attività aziendale è reso possibile dall'intrecciarsi di una serie di operazioni, collegate e interdipendenti, che tendono al raggiungimento di un fine comune.

Si definisce gestione l'insieme coordinato delle operazioni compiute durante l'intera vita dell'azienda per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Il coordinamento di tali operazioni è realizzato mediante l'attività degli organi decisionali, preposti alle varie funzioni aziendali: ciascuno di essi effettua le scelte inerenti la propria funzione, nel rispetto del fine ultimo aziendale fissato dall'imprenditore.

Così, ad esempio, le scelte relative al tipo e al volume di produzione da realizzare sono condizionate da quelle inerenti le strategie di marketing dell'impresa e a loro volta influenzano le politiche di approvvigionamento dei fattori produttivi.

Le operazioni sono tra loro collegate e interdipendenti; una caratteristica fondamentale della gestione, infatti, è l'unitarietà che esiste tra operazioni compiute in epoche differenti (unitarietà nel tempo), oppure poste in essere simultaneamente, in un determinato momento (unitarietà nello spazio).

L'unitarietà nel tempo significa che le operazioni compiute in passato costituiscono un condizionamento per l'attività presente e per quella futura. L'attività presente, d'altra parte, viene concepita e realizzata in funzione delle previsioni riguardanti le future condizioni di svolgimento della gestione.
In un'impresa industriale, ad esempio, la scelta del tipo e delle caratteristiche degli impianti da acquistare è condizionata dalle previsioni riguardanti il futuro livello di attività produttiva; una volta presa, tale decisione condizionerà l'attività aziendale per un lungo periodo di tempo, poichè non è economicamente conveniente procedere di frequentare al rinnovo degli impianti, in relazione alle mutate condizioni della domanda di mercato.

L'unitarietà nello spazio nel senso che la convivenza economica di una determinata operazione compiuta dall'azienda non può essere giudicata isolatamente, ma considerando l'intero sistema delle operazioni in essere in cui si inserisce.

Si pensi a un supermercato che, per attirare la clientela, durante il periodo natalizio vende panettoni e bottiglie di spumanti a prezzo di costo, facendo affidamento sul fatto che, grazie a questa scelta strategica, la clientela insieme a questi beni ne acquisti altri a prezzo normale. Tale operazione, considerata isolatamente, può apparire non conveniente; inserita nel contesto del marketing mix ha invece una sua ragion d'essere per lo sviluppo dell'impresa.

Altra caratteristica fondamentale della gestione è la continuità: tutte le operazioni si svolgono senza alcuna interruzione (cioè senza soluzione di continuità) dal momento della nascita del complesso aziendale fino al termine dell'attività.
L'azienda, una volta costituita, è infatti destinata a durare nel tempo, a meno che non intervengano cause di prematura interruzione dell'attività aziendale, come nel caso in cui non si conseguano risultati soddisfacenti e in linea con gli obiettivi del soggetto economico.

La tendenza dell'azienda a vivere a lungo determina l'esigenza di suddividere la gestione. Le motivazioni sono di ordine:

- economico-aziendale, originate dall'assoluta necessità di procedere a un controllo periodico dei risultati gestionali;

- giuridico, legate al fatto che periodicamente le aziende devono procedere alla compilazione di documenti da cui sia possibile comprendere l'andamento della gestione;

- fiscale, derivati dal fatto che lo Stato deve avere la possibilità di prelevare periodicamente una parte dei redditi che le imprese riescono a conseguire.

La gestione, quindi, viene suddivisa in esercizi.

L'esercizio è l'insieme delle operazioni svolte in un determinato arco di tempo denominato periodo amministrativo che, per motivi di opportunità e comodità, nella maggior parte dei casi si fa coincidere con l'anno solare.

In alcune aziende, per particolari ragioni derivanti ad esempio dal tipo di attività svolta, il periodo amministrativo può differire dall'anno solare. Ad esempio un grande magazzino, che ha un'intensa attività durante le feste natalizie, può decidere per evitare di frazionarla, di avere un periodo amministrativo compreso tra il 1° febbraio e il 31 gennaio dell'anno seguente.

In ogni caso la durata del periodo amministrativo è di dodici mesi: le sole eccezioni riguardano il primo e l'ultimo periodo di vita dell'azienda che, a meno di coincidenze improbabili, non hanno tale durata.
Si pensi ad esempio a un'impresa che viene costituita in data 1/09; se si fissa un periodo amministrativo coincidente con l'anno solare, il primo periodo amministrativo può risultare di soli quattro mesi (dall'1/09 al 31/12) oppure può avere una durata di sedici mesi (i quattro mesi più i dodici dell'anno solare seguente).

L'attività può svilupparsi con l'ambiente esterno o esaurirsi all'interno dell'azienda.
Le operazioni di gestione esterna (fatti esterni) pongono l'azienda in contatto con l'ambiente e con soggetti (ad esempio, clienti, fornitori, Stato, finanziatori, ecc.) nei confronti dei quali essa assume posizioni debitorie o creditorie; ne derivano movimenti monetari immediati (uscite ed entrate di denaro) o differiti (debiti e crediti). Appartengono a questo gruppo le operazioni di finanziamento, di investimento e di disinvestimento, ecc.

Le operazioni di gestione interna (fatti interni) hanno origine e si concludono all'interno dell'azienda, senza alcun rapporto con l'ambiente esterno, senza scambi economici e movimenti monetari (ad esempio, i trasferimenti di materie prime dal magazzino ai reparti di produzione, il passaggio di prodotti finiti al reparto spedizione, ecc.).

Formule della parabola

Oggi ho deciso di postare un'immagine relativa alle formule della parabola. In questo modo potrete impararle a memoria e provare a svolgere degli esercizi.

In quest'immagine viene riportata la formula relativa all'equazione, al vertice, al fuoco, all'asse e alla direttrice. Tali formule sono riportate sia relative all'asse parallelo all'asse y che parallelo all'asse x.

mercoledì 2 novembre 2011

La Parabola

Oggi durante l'ora di matematica l'insegnante ha spiegato il concetto delle parabole.

La parabola è il luogo dei punti del piano equidistanti da un punto fisso detto fuoco e da una retta fissa detta direttrice.

Di seguito vi riporto una pagina di appunti relativa ad un esercizio sull'equazione della parabola avente fuoco (0;2) e direttrice y=-2.

Possesso indiretto, la prova del possesso e il possesso di buona e di malafede

Oggi durante l'ora di diritto abbiamo letto le due pagine relative al possesso indiretto, la prova del possesso e il possesso di buona e di malafede.

Il possesso indiretto:

immaginiamo di affidare temporaneamente un nostro bene ad altri. Per esempio supponiamo di prestare per qualche settimana il nostro scooter a un amico, oppure di affidare a un amministratore la gestione di un nostro immobile.
Sicuramente, così facendo, perdiamo la materiale disponibilità del bene. Ne perdiamo, per questo, anche il possesso?

Ci risponde l'art. 1140, comma 2, c.c.: Si può possedere direttamente oppure per mezzo di altra persona che ha la detenzione della cosa.

Ciò significa che non è indispensabile, ai fini del possesso, avere un rapporto fisico diretto e costante con la cosa. Anche cedendone l'uso da altri il possesso è conservato purchè il possessore abbia la concreta possibilità di ripristinare quando vuole, senza azioni violente o clandestine, il contatto materiale con il bene (Cass. 2006, n. 4404).
Nel nostro esempio, manterremo il possesso dei nostri beni fin quando avremo la concreta possibilità di riprendere in consegna lo scooter prestato all'amico oppure di revocare o non rinnovare il mandato all'amministratore. Questi soggetti, come ormai dovrebbe essere chiaro, non hanno assunto il possesso dei beni, ma la semplice detenzione.

E se comperiamo merci che sono ancora in viaggio o si trovano conservate in un deposito, ci è sufficiente prendere in consegna la lettera di vettura o la fede di deposito per assumerne il possesso?

La risposta è affermativa. Anche questi casi si configurano come ipotesi di possesso indiretto. La lettera di vettura, infatti, è un documento che attribuisce il diritto esclusivo di farsi consegnare la merce quando questa arriverà a destinazione e la fede di deposito è un documento che attribuisce il diritto esclusivo di farsi consegnare la merce depositata nei magazzini. Il vettore e il depositario sono soltanto detentori.

La prova del possesso:

immaginiamo di dover provare al giudice di essere possessori di una fotocopiatrice che abbiamo in ufficio. Ci sarà facile, magari ricorrendo a un paio di testimoni, dimostrare di averne la materiale disponibilità (il corpus). Ma come potremmo provare la sussistenza dell'animus, cioè dell'intenzione di possedere? Come si può provare un'intenzione?
Risolve la questione l'art. 1141, comma 1, comma 1, c.c.: Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto (...).

Ciò vuol dire che ci basterà provare di esercitare il potere di fatto sulla fotocopiatrice perchè il giudice presuma (per le presunzioni rivedi modulo B) che abbiamo anche l'intenzione di possedere (cioè l'animus possidendi) e ci dichiari possessori.

E se la controparte sostenesse che avevamo la materiale disponibilità del bene non in quanto possessori, ma in quanto detentori?
Per esempio, se la fotocopiatrice era stata presa in leasing, potrebbe sostenere questa tesi la società concedente.

L'art. 1141, comma 1, c.c., letto sua interezza, risolve anche questo problema: Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto quando non si prova che ha cominciato ad esercitarlo semplicemente come detenzione.

Ciò vuol dire che se la società concedente esibirà una prova (per esempio il contratto di leasing) con cui dimostra che abbiamo cominciato a disporre della cosa come semplici detentori, cadrà la presunzione iniziale e il giudice dovrà considerarci detentori.

Il possesso di buona e di malafede:

se possediamo un bene che non ci appartiene, le ipotesi possibili sono due:

- siamo in mala fede, cioè abbiamo la precisa consapevolezza di ledere un diritto altrui;
- siamo in buona fede, cioè non riteniamo di ledere, con il nostro comportamento, alcun diritto altrui.

Siamo generalmente in buona fede, per esempio, quando entriamo nei negozi e comperiamo le cose che vi sono esposte senza sapere (e come potremmo?) se siano o no, di provenienza illecita.

La definizione di possesso di buona fede è data dall'art. 1147 c.c. che nei commi 1 e 2 così stabilisce; E' possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto. La buona fede (però) non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.

E' in colpa grave, ha chiarito la Cassazione, colui che non si è accorto della lesione dell'altrui diritto solo perchè ha omesso di usare anche quel minimo di comune diligenza che è pproprio di ogni persona avveduta (Cass. 1997, n. 4328).
Per esempio, immaginiamo di aver acquistato per poco prezzo un videoregistratore da un improvvisato venditore ambulante a un casello autostradale e supponiamo che l'apparecchio risulti rubato. Ai fini della qualificazione del possesso il giudice non ci chiederebbe neppure se ignoravamo la provenienza furtiva del bene perchè, in ogni caso, la nostra ignoranza sarebbe dipesa da grave trascuratezza.

Similmente, immaginiamo di aver acquistato un terreno senza sapere che il venditore non ne era il vero (o l'unico) proprietario. La nostra buona fede sarà irrilevante se l'errore sarà dipeso dal fatto di non aver operato le normali visure nel registro immobiliare per accertare la titolarità del diritto di proprietà su quel terreno (Cass. 1992, n. 11285).

Come si può dimostrare al giudice di essere caduti in un errore involontario e scusabile?

E' ancora l'art. 1147 c.c. a risponderci. Dispone, infatti, il comma 3:
- La buona fede è presunta (...)
Ciò significa che chi possiede il bene non deve provare nulla; spetta a chi agisce in giudizio dimostrare che nel comportamento del possessore vi è stata mala fede oppure colpa grave;
- (...) e basta che vi sia stata al momento dell'acquisto.
Sarà quindi inutile, per la nostra controparte dimostrare che dopo l'impossessamento siano stati avvertiti che quel bene le apparteneva. La conoscenza successiva dell'altruità della cosa non cambia la qualificazione del possesso.

Anche i giuristi romani sostenevano che mala fides superveniens non nocet (la malafede sopravvenuta non nuoce).

mercoledì 26 ottobre 2011

L'imprenditore, gli altri soggetti che operano nell'azienda e l'organizzazione aziendale

Oggi durante l'ora di economia aziendale abbiamo letto le pagine relative all'imprenditore, gli altri soggetti che operano nell'azienda e l'organizzazione aziendale.

I soggetti che operano nell'azienda:

Le persone costituiscono uno degli elementi fondamentali che caratterizzano l'attività aziendale. Possiamo distinguere tali soggetti in:

- investitori (proprietari, soci, azionisti) e, quindi, portatori di capitale di rischio;
- amministratori che possono coincidere con i proprietari oppure essere legati all'azienda da un rapporto di lavoro.
- lavoratori subordinati o dipendenti;
- lavoratori autonomi.

La persone che dà vita all'azienda, organizza e coordina i fattori produttivi assumendosi i rischi dell'attività e l'imprenditore. Egli predispone le strutture organizzative idonee al raggiungimento degli obiettivi prefissati e investe i suoi capitali nella prospettiva di ottenere risultati economici positivi. E' possibile, però, che, nonostante le previsioni favorevoli, l'attività produca risultati economici negativi.

Esiste infatti, in qualsiasi attività economica, un rischio patrimoniale legato al fatto che il capitale investito possa ridursi a causa dei risultati economici negativi dell'attività aziendale.

E' imprenditore quella persona (o quel gruppo di persone) che, disponendo di capitali, concepisce e realizza l'azienda, ne organizza e dirige l'attività assumendosi il rischio patrimoniale.

L'imprenditore individuale o i soci non sempre amministrano personalmente l'azienda; essi, sempre più frequentemente, affidano tale compito a persone che hanno conoscenze e competenze specializzate, legandone all'impresa con un rapporto di subordinazione. Nasce così la figura del manager.
In questa nuova situazione l'imprenditore conserva la titolarità giuridica dell'impresa (continuando così a rischiare il proprio capitale), ma delega le funzioni organizzative e amministrative a "professionisti della gestione", i manager.
L'esercizio dell'attività aziendale comporta l'utilizzo di risorse umane, fornite dai lavoratori dipendenti e autonomi.

I lavoratori dipendenti (art. 2094 c.c.) sono legati all'impresa da un vincolo di subordinazione, in quanto vi operano stabilmente ricevendo in cambio una retribuzione prestabilita. Essi possono essere distinti in dirigenti, quadri, impiegati e operai; per il lavoro svolto percepiscono una retribuzione, liquidata dall'azienda.
I lavori autonomi forniscono prestazioni che richiedono conoscenze specialistiche (consulenze, progettazione di lavori, assistenza tecnica, ecc.); sono lavoratori autonomi i commercialisti, gli avvocati, gli agenti do commercio, gli architetti, ecc. Tali soggetti organizzano autonomamente il proprio lavoro; spesso, pur stabilendo con l'azienda un rapporto continuativo, non sono legati ad essa da alcun vincolo di subordinazione.
Per il lavoro svolto percepiscono un compenso specifico, concordato con l'imprenditore di volta in volta o periodicamente sulla base di contratti.

Il soggetto giuridico e il soggetto economico:

l'attività aziendale si sviluppa attraverso una serie di operazioni di vario tipo: acquisti, vendite, pagamenti, riscossioni, ottenimenti e concessioni di finanziamenti, ecc. Da queste operazioni sorgono diritti e obblighi dell'impresa nei confronti di terzi.
All'interno dell'azienda deve esistere, quindi, qualcuno che risponda delle obbligazioni che l'azienda assume durante il suo funzionamento.

Il soggetto giuridico dell'azienda è la persona (o le persone) alla quale si riferiscono i diritti e gli obblighi derivanti dalle operazioni aziendali.

Secondo la nostra legislazione, possono essere soggetti giuridici le persone fisiche e le persone giuridiche, che sono enti ai quali la legge riconosce l'attitudine a essere titolare dei diritti e degli obblighi derivanti dall'attività svolta (personalità giuridica).

In un'azienda individuale, soggetto giuridico è lo stesso proprietario, che è l'unico responsabile.

Il discorso è più complesso in riferimento alle società, in quanto presuppone la conoscenza di nozioni giuridiche che vengono esaminate e approfondite nello studio del diritto. Si può comunque affermare che nel caso delle società di persone il soggetto giuridico è rappresentato dall'insieme di tutti i soci, non essendo tale tipologia di società dotata di personalità giuridica.

Nel caso delle società di capitali, il soggetto giuridico è la società stessa.
In base alla natura del soggetto giuridico distinguiamo:
- aziende private;
- aziende pubbliche;

Le aziende private (individuali o collettive) hanno soggetto giuridico privato.

Le aziende pubbliche hanno soggetto giuridico pubblico. Ne sono esempi significativi lo Stato, Regioni, le Provincie, i Comuni e, più in generale, tutti gli enti che svolgono attività di pubblico interesse (ad esempio, enti di previdenza e di assistenza come l'Inps).

Il soggetto economico è colui che effettivamente prende le decisioni all'interno dell'azienda, scegliendo l'oggetto dell'attività, il fine da perseguire e gli strumenti più idonei per il relativo conseguimento.

Il soggetto economico è la persona (o il gruppo di persone) che, di fatto, controlla l'attività aziendale, in quanto effettua le scelte e prende le decisioni più rilevanti.

Nelle aziende individuali il soggetto economico è il proprietario.
Nelle società, invece, il soggetto economico è rappresentato dal socio o dal gruppo di soci (socio maggioritario o di maggioranza) che dispone della maggioranza dei voti e può, quindi, imporre la propria volontà ai soci "di minoranza".

Soggetto giuridico e soggetto economico spesso non coincidono.

Nell'azienda individuale, il proprietario è contemporaneamente soggetto giuridico e soggetto economico: il signor Rossi, titolare della sua azienda, è soggetto giuridico e anche soggetto economico.
Nelle società di capitali, al contrario, soggetto giuridico è la società stessa, che pertanto risponde pienamente degli obblighi assunti nello svolgimento dell'attività; soggetto economico è il socio (o il gruppo di soci) che detiene una quota del capitale sufficiente a orientare le decisioni dell'assemblea.
La società per azioni Fiat è soggetto giuridico, la famiglia Agnelli soggetto economico.

L'organizzazione aziendale:

al momento della costituzione di un'azienda è necessario affrontare una serie di problemi riguardanti, in particolare, il tipo di attività da svolgere (industriale, mercantile, di servizi, ecc.), il luogo dove svolgerla, le dimensioni e la forma giuridica da assumere (azienda individuale, società di vario tipo).
In funzione di tali decisioni occorre dotare l'azienda delle risorse umane e patrimoniali indispensabili per l'attività produttiva (persone e beni) e coordinarle in modo da assicurarne un razionale impiego in vista del raggiungimento degli scopi per i quali l'azienda è stata istituita. In altre parole, è necessario che essa predisponga, sulla base delle scelte inizialmente operate, la propria struttura.

Lo studio dell'assetto organizzativo dell'azienda, quindi, deve necessariamente considerare la localizzazione dell'azienda stessa, la dimensione e forma giuridica e l'organizzazione delle risorse umane.

La localizzazione:

la localizzazione rappresenta un problema particolarmente dedicato in ogni tipo di attività: sia per l'impresa industriale che per quella mercantile, ad esempio, l'ubicazione deve conciliare esigente strettamente operative (come la possibilità di disporre delle materie prime necessarie in tempi brevi o di far pervenire rapidamente le merci ai clienti) con altre di natura economica legate al contenimento dei costi.

Tale scelta, quindi, deve essere effettuata in base a elementi che ogni azienda deve valutare in funzione della propria attività e del contesto in cui opera.

I fattori più importanti di cui tener conto sono:

-l'ubicazione dei mercati di approvvigionamento delle materie prime (aziende industriali) o delle merci (aziende mercantili);
- la possibilità di reperire i fattori produttivi da impiegare in azienda (come ad esempio, la manodopera, l'energia elettrica, ecc.);
- la presenza di determinare infrastrutture (servizi pubblici, strade, porti, ecc.);
- la lontananza dai centri abitati, nel caso in cui si tratti di un'azienda che esegue lavorazioni particolari (ad esempio, attività molto numerose) che suggeriscono o impongono condizioni di isolamento;
- la possibilità di disporre di ampi spazi per uffici, show room, magazzini, edifici industriali, aree di servizio e di manovra degli automezzi, ecc.

La forma giuridica:

la forma giuridica dell'azienda è strettamente connessa alla sua dimensione e all'attività prescelta.

Attività di dimensioni limitate suggeriscono la costituzione di imprese individuali o di società di persone, dove l'imprenditore o i soci controllano direttamente l'operato dei pochi addetti e gestiscono personalmente i rapporti con la clientela.

Se al contrario, l'azienda assume dimensioni rilevanti che richiedono l'impiego di ingenti mezzi finanziari, risulta conveniente l'adozione della forma giuridica di società di capitali.

L'organizzazione:

l'organizzazione ha lo scopo di stabilire le funzioni e regolare l'attività lavorativa dei soggetti che operano all'azienda, al fine di rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Tra i problemi da affrontare nell'organizzazione del personale, assume particolare rilevanza la scelta della struttura organizzativa, ossia dei criteri di divisione del lavoro tra tutte le persone che operano nell'azienda.

Per un ordinato svolgimento dell'attività e il razionale impiego dei soggetti che operano nell'azienda.
Infatti, è necessario creare una struttura che stabilisca chiaramente i compiti e le responsabilità dei singoli e le relazioni tra loro esistenti.

Preliminari alla definizione della struttura organizzativa sono le scelote inerenti i seguenti aspetti:

- gli organi tra cui è suddiviso il lavoro;
- le funzioni attribuite a tali organi;
- le relazioni tra gli organi ("linee di influenza")

L'organo è una struttura alla quale è attribuita la responsabilità di svolgere un insieme di compiti.

In genere nelle aziende tre livelli di organi sono individuabili:

- organo volitivo, rappresentato dal soggetto o dai soggetti (imprenditore-proprietario o assemblea dei soci) che danno vita all'azienda e ne fissano gli obiettivi generali, prendendo le decisioni che riguardano le strategie da seguire, cioè le azioni da intraprendere per il raggiungimento del fine aziendale;
- organo direttivo, costituito da quelle persone che traducono in direttive esecutive le linee comportamentali fissate dall'organo volitivo; nelle società è costituito degli amministratori e dai direttori generali;
- organo esecutivo, composto da coloro che eseguono materialmente le operazioni aziendali, prestando attività di lavoro dipendente (impiegati, operai, ecc.).

Nelle piccole aziende il proprietario può svolgere contemporaneamente funzioni di carattere volitivo, direttivo e anche esecutivo; si realizza, quindi, un accertamento di tutti gli organi in un solo individuo.
Questo non viene nelle aziende di maggiori dimensioni, nelle quali si formano strutture organizzative più complesse e si verifica una ripartizione delle funzioni tra più organi.

Ogni organo svolge una determinata funzione di cui è considerato responsabile e ha come obiettivo il conseguimento di un risultato parziale derivante dall'esecuzione dei compiti che gli sono affidati.

Per creare una struttura organizzativa, funzionante ed efficiente, è anche necessario stabilire le relazioni che collegano questi organi che permettono loro di comunicare. All'interno dell'azienda ognuno deve sapere con sicurezza come e a chi rivolgersi per ciascun compito, chi è la persone autorizzata a emettere ordini e alla quale bisogna rispondere del proprio operato.

L'assetto organizzativo aziendale, una volta definito, non è immutabile. Lo studio dell'azienda come sistema in continuo contatto con l'ambiente esterno ha evidenziato la necessità di creare strutture organizzative flessibili, caratterizzate da relazioni non eccessivamente formalizzante.

Le azioni a tutela della proprietà e del possesso

Oggi durante l'ora di diritto abbiamo letto le due pagine relative alle azioni a tutela della proprietà e del possesso.

Le azioni a tutela della proprietà:

immaginiamo che qualcuno si sia impossessato di un bene di cui siamo proprietari. Come dobbiamo comportarci?

Come ogni diritto soggettivo anche il diritto di proprietà è accompagnato dal potere di azione, cioè dal potere di agire in giudizio per chiedere tutela contro eventuali violazioni.

Le specifiche azioni poste dall'ordinamento a tutela della proprietà sono dette azioni petitorie (dal latino potere, che significa chiedere) e sono diverse in funzione del tipo di richiesta che si avanza dal giudice.

Per esempio:

- se qualcuno si fosse impossessato o detenesse un nostro bene, potremmo rivendicarne la proprietà esercitando un'azione detta di rivendicazione;
- se qualcuno pretendesse di avere diritti reali minori su un nostro bene potremmo chiedere al giudice di negare l'esistenza di tali diritti esercitando un'azione detta negatoria;
- se, infine, fossero incerti i confini tra un nostro fondo e quello adiacente, potremmo esercitare le azioni di regolamento di confine e di apposizione di termini.

Vediamo in particolare come si esercitano queste azioni.

Come rivendicare la proprietà della cosa:

con l'azione di rivendicazione il proprietario di un bene, che sia posseduto o detenuto da altri, può rivolgersi al giudice e chiedere il riconoscimento del proprio diritto e la restituzione del bene.

L'art. 948 c.c. dispone in proposito: Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o la detiene (...).

Dal fatto che il proprietario possa agire contro chiunque possiede o detiene la sua cosa, deriva il carattere assoluto del diritto di proprietà.

L'azione di rivendicazione è imprescrittibile, e ciò significa che il proprietario può iniziarla quando vuole, anche molto tempo dopo la perdita del possesso.
Di fatto, però, sarà inutile proporla se nel frattempo l'attuale possessore fosse divenuto proprietario del bene per usucapione.

Come si prova il diritto di proprietà ai fini dell'azione di rivendicazione?
Immaginiamo che oggetto del contendere sia una bicicletta. Il modo più semplice per dimostrare di esserne proprietari è provare di averne acquistato il possesso di buona fede e con titolo idoneo. Ma come offrire una tale prova? Se abbiamo acquistato la bici in un negozio potremmo esibire lo scontrino fiscale ma, a ben guardare, quanti di noi conoscevano gli scontrini dei beni acquistati? Mancando un documento di prova potremmo chiamare a testimoniare il venditore, ma siamo sicuri che non si ricorderà di noi?
E se avessimo acquistato la bicicletta da una persone che aveva posto un annuncio sul giornale, riusciremmo a rintracciarla?

Come si può capire, fornire una prova convincente del diritto di proprietà non sempre è agevole e da ciò che consegue che, nei fatti, la tutela offerta al proprietario dall'art. 948 c.c., è molto meno efficace di quanto la sua enunciazione lasci credere.

Come respingere pretese di altri e far cessare molestie:

l'azione negatoria può essere esercitata dal proprietario contro chi pretende di avere diritti reali minori sulla sua cosa.

Per esempio, se qualcuno attraversasse abitualmente il nostro fondo pretendendo di averne diritto, potremmo esercitare contro di lui l'azione negatoria.

L'art. 949 c.c., che la contempla, così dispone: Il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno.

La particolarità di questa azione è che l'attore dovrà provare al giudice solo di essere proprietario del bene. In base a questa unica prova il giudice dovrà presumere che non esistano diritti di altri. Perchè? Perchè la proprietà, se non è provato il contrario, si presume piena.
Ricordiamo che a norma dell'art. 832 c.c.: Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno (...).

E se il convenuto riuscisse a provare di essere realmente titolare di un diritto reale minore?
Se riuscirà a fornire questa prova cadrà la presunzione in favore del proprietario. Se invece non vi riuscirà, verrà condannato a cessare l'attività molesta e a risarcire eventuali danni arrecati.

Come risolvere questioni sui confini:

l'art. 950 c.c. dispone che, quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia accertato giudizialmente.
In mancanza di specifici elementi di prova, il giudice si atterrà a quanto indicato nelle mappe catastali.

L'art. 951 c.c. dispone che, se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.

martedì 25 ottobre 2011

Il regolamento del condominio negli edifici

Oggi durante l'ora di diritto abbiamo letto la pagina relativa al regolamento del condominio negli edifici.

Il condominio negli edifici è un tipo di comunione forzosa che ha per oggetto le parti comuni di fabbricati divisi al loro interno in più unità immobiliari (abitazioni, locali commerciali, ecc.) appartenenti a proprietari diversi.

Le norme sul condominio sono contenute negli artt. 1117-1139 c.c. e poichè sono particolarmente minuziose, ne diamo solo una breve sintesi:

- oggetto di comunione sono le parti del fabbricato e i manufatti indicati nell'art. 1117 c.c. Vi rientrano i tetti, i lastrici solari, le scale, i cortili, gli stenditoi, gli ascensori, gli impianti per acqua, gas, elettricità e riscaldamento fino al punto di diramazione nei locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini:
- non è consentito rinunciare al diritto sulle parti comuni e sotterrarsi, in tal modo, alla spese per la loro manutenzione;
- la quota di partecipazione alle spese viene calcolata in millesimi, e a ciascun condominio viene attribuita una quantità di millesimi proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene in via esclusiva;
- l'assemblea dei condomini delibera sulle questioni di interesse comune.
L'art. 1136 c.c. stabilisce l condizioni per la regolare costituzione dell'assemblea e per la validità delle deliberazioni. L'assemblea, conclude la norme, non può deliberare se non risulta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione;
- le innovazioni voluttuarie, come per esempio la tinteggiatura degli androni, anche se approvate dalla maggioranza dell'assemblea, non sono vincolanti per i condomini dissenzienti. Questi, però, non possono impedire che siano eseguite dagli altri condomini a proprie spese;
- il regolamento di condominio, contenente le norme sull'uso delle cose comuni, è obbligatorio quando i condomini sono più di dieci;
- l'amministratore esegue le deliberazioni dell'assemblea e ha rappresentanza processuale del condominio.

La scuola neoclassica o marginalista e la scuola keynesiana

Oggi durante l'ora di economia politica abbiamo letto le pagine relative alla scuola neoclassica o marginalista e alla scuola keynesiana.

La scuola neoclassica o marginalista:

l'indirizzo neoclassico o marginalista nacque sul finire del 1800 soprattutto grazie all'opera dell'economista inglese William Stanley Jevons, Teoria dell'economia politica, pubblicata nel 1871.
Il pensiero marginalista ha trovato una larga diffusione soprattutto per i risultati raggiunti nell'analisi microeconomica del comportamento del consumatore e dell'impresa. Di questa corrente fanno parte numerosi esponenti, che si è soliti suddividere in differenti indirizzi ciascuno dei quali ebbe a sviluppare e approfondire i principi espressi da Jevons: tra gli altri, nella scuola austriaca si annoverano Karl Menger, Eugen von Bogm-Bawerk e Joseph Alois Schumpeter, nella scuola di Losanna Lèon Walras e Vilfredo Pareto, nella scuola di Cambridge Alfred Marshall.

Il termine marginalismo deriva dal metodo di analisi utilizzando, consistente nel ricercare le scelte ottimali dei singoli soggetti economici attraverso il confronto tra il costo sopportato e il beneficio ricavato dall'ultima dose considerata del bene (dose marginale, appunto).
Essi studiarono i processi di ripartizione delle risorse in base ai quali i singoli consumatori e le singole imprese operano le proprie scelte cercando di risolvere il problema della scarsità secondo i principi del tornaconto edonistico. Con questo approccio, razionalistico e utilitaristico, essi individuarono le condizioni di equilibrio del consumatore o dell'impresa.

I marginalisti ribaltarono la teoria del valore dei classici, ponendosi non più dal punto di vista della produzione, in base al quale il valore del bene è dato dalla quantità di lavoro necessario per produrlo (teoria valore-lavoro), ma dal punto di vista del consumatore. Il valore secondo i marginalisti è dato dall'utilità o rarità che il bene riveste per il consumatore (teoria valore-utilità). In tal modo alla concezione oggettiva del valore, si contrapponeva una concezione soggettiva.

La scuola neoclassica va ricordata anche per le importanti innovazioni di metodo introdotte nell'analisi dei fenomeni economici. I marginalisti per primi fecero largo uso dello strumento matematico per elaborare le loro teorie, contribuendo con ciò a rinnovare il linguaggio della scienza economica in senso più scientifico e rigoroso. Grazie a questa nuova metodologia essi hanno elaborato una teoria sul funzionamento dell'economia di mercato e individuato leggi studiate ancora oggi nei manuali di economia.

La scuola keynesiana:

il Trattato della moneta (1930) e la Teoria generale dell'occupazione, interesse e moneta (1936) sono gli scritti indispensabili per l'interpretazione del pensiero dell'economista di Cambridge John Maynard Keynes, e per apprezzarne il contributo da lui apportato all'economia moderna.

Egli prende le mosse da una critica severa delle concezioni economiche del liberalismo, in primo dalla legge degli sbocchi di Say. Keynes non condivideva l'ottimismo di quelle teorie basate sulla convinzione che il mercato fosse in grado di autoregolarsi e, attraverso il libero oscillare dei prezzi dei beni e dei fattori produttivi, riuscisse spontaneamente a raggiungere il pieno utilizzo delle risorse disponibili. Questo principio rivelò tutta la sua inadeguatezza durante la crisi del 1929 che dagli Stati Uniti d'America si estese in tutta Europa.
Per Keynes quella teoria poteva essere vera solo a condizione che tutta la moneta percepita dai proprietari dei mezzi di produzione fosse impiegata nell'acquisto dei beni prodotti con quei fattori produttivi. In pratica, solo reimpiegando nel sistema tutte le risorse che quel sistema aveva prodotto si poteva ottenere l'equilibrio di piena occupazione.

Il fatto è, sosteneva Keynes, che la moneta, oltre a essere mezzo di pagamento e unità di conto, svolge la funzione di riserva di valore e, proprio per questa sua peculiarità, non è spesa tutta per acquisti ma viene, in varia misura, risparmiata. Le decisioni delle famiglie sulla destinazione del loro reddito dipendono da svariati fattori non sempre prevedibili.
Senza dubbio il consumo dipende dal livello di reddito: più questo è alto, maggiore sarà il consumo, in termini assoluti. Tuttavia, la percentuale di reddito destinata al consumo (propensione al consumo) è decrescente all'aumentare del livello del reddito. La propensione al consumo è assai più elevata tra i percettori di redditi bassi che non tra i soggetti più abbienti. Si può infatti facilmente comprendere che coloro che posseggono poca ricchezza saranno costretti a spenderla tutta o quasi per procurarsi ciò di cui hanno bisogno, mentre chi dispone di maggiore ricchezza avrà la possibilità di sottrarne una parte ai consumi per risparmiarla.

L'incertezza sulle decisioni dei consumatori si ripercuote sulle imprese le quali, non conoscendo le scelte futuro dei consumatori, vivono perennemente il dilemma di quanto investire, vale a dire di quante risorse destinate allo sviluppo della capacità produttiva. Se sbagliassero le previsioni in eccesso, e quindi investissero tutte le risorse a disposizione, l'incremento della produzione non sarebbe assorbito dalla domanda e ne deriverebbe un'eccedenza di merci. Questo eccesso costringerebbe le imprese a ridurre la produzione, a diminuire dunque l'offerta e non a diminuire i prezzi.

Con una serie di reazioni a catena , come in una spirale negativa (la cui forza viene amplificata da particolari meccanismi, quali il moltiplicatore del reddito e l'acceleratore), la contrazione degli investimenti si traduce in una riduzione dell'occupazione e, quindi, in una diminuzione dei redditi e della domanda.

Le conclusioni a cui giunge Keynes sono diametralmente opposte a quelle dei classici. Non è l'offerta che influenza la domanda, ma piuttosto l'offerta che dipende dalla domanda. Gli imprenditori decidono gli investimenti sulla base delle previsioni di vendita.
Le condizioni di squilibrio come, ad esempio, quella della disoccupazione, lungi dall'essere situazioni transitorie che il mercato facilmente assorbe grazie al variare dei prezzi, possono avere carattere permanente. In conclusione, il mercato può giungere a situazioni di equilibrio tra domanda e offerta ma non sempre queste sono di piena occupazione, come ritenevano i classici. Più spesso l'equilibrio si verifica in un contesto di disoccupazione.
Keynes ritiene fondamentale l'intervento dello Stato che con un'accorta politica economica può sostenere la domanda nei periodi di crisi con interventi di varia natura, ad esempio aumentando la spesa pubblica o riducendo il prelievo fiscale, che avrebbero avuto l'effetto di liberare reddito disponibile per il consumo, funzionando, per così dire, da volano per la ripresa della economia.

Le teorie keynesiane ebbero applicazione in diversi Paesi, fino ai nostri giorni. La prima e più famosa, denominata New Deal (nuovo corso), riguardò il pian di riforme poste in essere tra il 1933 e il 1938 dal governo americano del presidente Roosvelt per risollevare il Paese dalla grave crisi che lo aveva colpito sul finire degli anni Venti.
Ai nostri giorni le testi keynesiane sono state riviste e gli interventi statali si sono allargati alla soluzione delle problematiche sociali, tutela della salute, pensioni ecc.

lunedì 17 ottobre 2011

La Boemia

Oggi durante l'ora di storia abbiamo ripassato ciò che era stato spiegato l'altra volta (cliccate qui per leggere il post).

La nuova spiegazione che è stata esposta durante l'ora è la Boemia.

Nel decenni seguenti le idee di Wyclif continuano a trovare qua e là, in Inghilterra, sporadici seguaci: ma è altrove, nel continente europeo, e precisamente in Boemia, che le sue idee incontrano un interprete capace di esercitare una grande influenza, Jan Hus.
Costui nasce nella Boemia meridionale nel 1369. Dopo aver concluso nel 1396 i suoi studi all'Università di Praga, nel 1400 viene ordinato prete e nel 1402 diventa rettore della stessa Università. Molto critico nei confronti della dissolutezza morale di numerosi ecclesiastici che, vivendo nel peccato, gli sembrano indegni di svolgere il loro compito pastorale, Hus trova negli scritti di Wyclif le indicazioni teoriche e teologiche che possono sostenere queste sue convinzioni. Si impiega quindi in un'opera di predicazione e di elaborazione concettuale a favore di una profonda riforma morale della Chiesa, mentre traduce anche qualche opera di Wyclif in ceco. Le sue posizioni gli valgono un certo numero di seguaci, sia all'interno dell'Università di Praga, sia nella società boema, ma gli costano anche - sin dal 1410 - ripetute scomuniche che, tuttavia, non fermano la sua attività di predicazione e di insegnamento.

Sul finire del 1414 Hus accetta l'invito a partecipare al concilio di Costanza per difendersi personalmente dalle accuse di eresia che avevano cominciato a esser rivolte contro i suoi scritti e le sue parole. La scelta non si rivela felice: giunto a Costanza, viene arrestato, sottoposto a un processo, riconosciuto eretico e condannato al rogo, su cui viene bruciato il 6 luglio 1415.
Durante la sfortunata partecipazione al concilio di Costanza, uno dei suoi seguaci a Praga, interpretando alla lettera una descrizione contenuta nel Nuovo Testamento, comincia a sostenere la necessità che la comunione sia impartita ai fedeli sotto le specie del pane e del vino, soluzione fin allora riservata solo agli ecclesiastici. Hus, dopo un'iniziale incertezza, si dichiara favorevole alla cosa; sicchè la teoria utraquista (che vuole cioè che entrambe le specie, il pane e il vino, siano impartite ai fedeli durante la comunione diventa il tratto distintivo degli hussiti.

La diffusione delle nuove teorie in Boemia diventa rapidamente imponente, conquistandosi anche il sostegno di un buon numero di membri della minore nobiltà. Sia nella città di Praga sia in una vasta area circostante gli hussiti, che pare non si considerano eretici, nè esterni alla Chiesa di Roma, cominciano a cacciare dalle chiese i preti che non vogliono aderire alla teoria utraquista e li rimpiazzano con altri favorevoli. Ben presto gesti così radicali provocano uno scontro senza possibilità di mediazione tra le autorità ecclesiastiche e i sostenitori della teoria utraquista.
Il conflitto finisce per assumere anche un netto profilo socio-politico: a difesa dell'ortodossia cattolica si schierano i vescovi, il re di Boemia (Venceslao e poi suo fratello Sigismondo, imperatore del Sacro romano impero che, alla morte di Venceslao - avvenuta nel 1419 -, eredita la corona di Boemia), la nobiltà maggiore, la comunità tedesca presente a Praga e in altre aree della Boemia e una parte della popolazione; sull'altro fronte, oltre a un buon numero di membri della nobiltà minore, di docenti dell'università, di preti utraquisti e di artigiani delle città, milita anche un numero crescente di contadini delle aree rurali che circolano Praga.
All'inizio la fortuna arride ai ribelli hussisti, i quali conseguono importanti successi militari sugli eserciti inviati dall'imperatore Sigismondo e dal papa Martino V. Successivamente all'interno del movimento interviene una spaccatura tra l'ala radicale - i taboriti (dal nome del biblico Monte Tabor) -, che insieme con la riforma religiosa reclama anche un rinnovamento della società su basi egualitarie, e l'ala più moderata, interessata a mantenere l'ordine gerarchico tradizionale. E così, nello stesso tempo in cui gli hussisti si difendono congiuntamente dalle milizie imperiali, combattono anche sanguinosissime guerre interne, che comportano esecuzioni, razzie, violenze di ogni tipo.
Questa lunga fase conflittuale trova una conclusione tra il 1431 e il 1436: in questi anni gli hussisti moderati si impongono sui gruppi più radicali; dopo laboriosissime trattative, i fondamenti della fede utraquista vengono riconosciuti dal concilio di Basilea, che ammette gli hussisti come membri della Chiesa, allo stesso titolo egli ortodossi; in cambio gli hussisti, che controllano il territorio boemo, riconoscono all'imperatore Sigismondo il titolo di re di Boemia.
Nonostante tutto, dunque, il nuovo linguaggio del radicalismo spirituale/politico/sociale continua a vivere e in breve tempo troverà altre menti e altri cuori pronti ad accoglierlo, ben al di là dell'angolo di Europa nel quale si è sviluppata la tormentata esperienza hussista.

Le scuole economiche, il mercantilismo, la fisiocrazia e la scuola classica

Oggi durante l'ora di economia politica abbiamo letto le pagine sulle scuole economiche, il mercantilismo, la fisiocrazia e la scuola classica.

Le scuole economiche:

le teorie elaborate dagli economisti nel corso degli anni si sono coagulate intorno a scuole di pensiero che hanno acquistato una significativa rilevanza scientifica solo a partire dal XVI secolo. La collocazione dei vari economisti all'interno di ciascuna scuola non significa perfetta identità di vendute, completa sintonia intellettuale con i principi posti a fondamento della scuola; anzi, spesso tra gli esponenti della medesima corrente si rincontrano considerevoli divergenze di opinione.

Ripercorriamo, nei paragrafi che seguono, questa storia del pensiero economico non dimenticando di osservare come la teoria sia fortemente influenzata dalle vicende storiche, politiche, sociali, culturali e tecnologiche, a ulteriore riprova della peculiarità della scienza economica.

Il mercantilismo:

in un contesto di trasformazioni, di mutamenti economici e sociali, di espansione del commercio interpretazione e di grandi scoperte geografiche, nel XVI secolo si sviluppò la scuola economica del mercantilismo.

Per la verità, più che una vera e propria scuola fondata su rigorose e coerenti teorie economistiche, il mercantilismo racchiude l'insieme delle descrizioni empiriche dei fenomeni economici elaborate da grandi mercanti inglesi e da funzionari statali tedeschi, i quali erano mossi, nel loro studio, da concrete esigenze pratiche.
Bisogna ricordare che nel XVI e XVII secolo il potere politico dei nascenti Stati nazionali è strettamente collegato a quello economico delle grandi compagnie mercantili: va da sè che l'attenzione degli economisti fu principalmente rivolta al commercio internazionale e alla ricchezza dello Stato.
Occorre anche dire che, all'epoca, l'unica moneta accettata da tutti nei traffici commerciali era l'oro, cosicchè la quantità posseduta di quel metallo prezioso finiva con il coincidere con la ricchezza stessa.
Gli acquisti di beni provenienti da altri Stati (importazioni) rappresentavano un dato estremamente negativo per l'economia nazionale poichè andavano pagati con oro che usciva dalle casse dello Stato; al contrario i beni venduti all'estero (esportazioni) facevano affluire il metallo prezioso nel Paese.

I mercantilisti sostenevano che la ricchezza delle nazioni era fondata sulle esportazioni che dovevano di gran lunga superare le importazioni (saldo attivo della bilancia commerciale) e invocavano una politica dello Stato tesa a espandere il commercio internazionale e a favorire e proteggere le esportazioni osteggiando le importazioni (politica protezionistica).

Secondo il pensiero mercantilista, l'origine della ricchezza non risiedeva dunque nella produzione, quanto nella distribuzione, e allo Stato veniva assegnato un ruolo fondamentale in campo economico, oltre che in quello politico e sociale. Per queste ragioni i mercantilisti sostennero la politica coloniale ed espansionistica degli Stati, che permetteva da un lato di rimpinguare le riserve auree, e dall'altro offriva la possibilità di collocare i beni prodotti nelle colonie.

La fisiocrazia:

la crisi nelle monarchie assolute che si erano sviluppate nei secoli precedenti e la nascita dell'illuminismo costituiscono il presupposto storico per lo sviluppo nella Francia del XVIII secolo di una nuova scuola di pensiero: la fisiocrazia, ovvero la "superiorità della natura", dal greco physis, natura e crazìa, superiorità. Gli esponenti di questa scuola, tra cui spicca il nome di François Quesnay (filosofo e medico alla corte di Luigi XIV), cercavano principalmente di elaborare una teoria che riuscisse a offrire suggerimenti concreti per risollevare l'economia francese dalle pessime condizioni in cui si trovava sul finire del 1700.

Il pilastro centrale dell'impianto teorico di questo pensiero risiede nella particolare importanza riconosciuta allo sviluppo dell'agricoltura, unico settore in grado di creare nuovo valore, di fare ottenere un sovrappiù in relazione a quello che è stato impiegato per la produzione.
Gli altri settori lavorativi, ad esempio quello manifatturiero, non creano sovrappiù, perchè non fanno altro che trasformare un certo insieme di materie prime in prodotti lavorati.
La teoria si fonda su un modello estremamente semplificato dove per produrre un bene, ad esempio il grano, si considerava venisse impiegato solo una quantità minore dello stesso bene e niente altro. In tal modo il sovrappiù era misurato in termini di quantità di prodotto eccedente e non era necessario introdurre il difficile concetto del valore del sovrappiù, concetto che avrebbe dovuto invece impiegare ampiamente gli studiosi successivi.
La conseguenza è che lo sviluppo economico e la ricchezza nazionale si realizza solo attraverso il miglioramento delle tecniche di produzione agricola e una politica economica dello Stato a tutela e favore dei produttore agricoli. I fisiocratici sono inoltre favorevoli al libero scambio delle merci, perchè ciò avrebbe favorito le esportazioni dei prodotti agricoli francesi.

Un importante contributo di Quesnay a questa impostazione teorica fu data dal Tableau èconomique, un insieme di grafici che mostravano le relazioni esistenti tra i vari settori produttivi e le varie classi sociali per la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema economico. Il medico francese suddivise la società in tre classi distinte:

- la classe produttiva, costituita dagli agricoltori che con il lavoro creano ricchezza, determinata dalla parte di prodotto agricolo eccedente quanto loro necessario per il sostentamento e per il rinnovamento del processo produttivo (ad esempio il grano che rimane dopo avere tolto quello che serve per seminare e per far mangiare la famiglia del contadino che lo ha prodotto);
- la classe sterile, rappresentata dagli artigiani, che non creano sovrappiù ma si limitano a trasformarlo;
- la classe dei proprietari terrieri, che non svolge un ruolo diretto nell'attività economica ma percepisce, sotto forma di rendita, il sovrappiù derivante dalla produzione agricola. Essa svolge ugualmente una funzione importante nell'economia, poichè spendendo il sovrappiù per acquistare i prodotti delle altre due classi consente all'economia di rigenerarsi e svilupparsi ulteriormente.

La scuola classica:

con l'espressione scuola classica comunemente ci si riferisce alle teorie elaborate da un gruppo di economisti, principalmente inglesi, vissuti tra la fine del 1700 e la metà del 1800, che concentrò la propria attenzione sulle medesime tematiche connesse essenzialmente allo studio della produzione e della distribuzione all'interno del sistema capitalistico introdotto dalla rivoluzione industriale. I principali protagonisti di questa scuola sono Adam Smith, Thomas Robert Malthus, David Ricardo, Jean Baptiste Say e John Stuart Mill.

Per i classici la suddivisione in classi non è quella ipotizzata di Quesnay, bensì quella tipica del sistema capitalistico che vede la sussistenza di tre classi:

- i lavoratori, i quali percepiscono un reddito (salario) la cui entità è quella minima per consentire la loro sopravvivenza e quella della loro famiglia e consentire alla classe lavoratrice di riprodursi;
- gli imprenditori-capitalisti, i quali hanno il compito di organizzare la produzione in cambio di un profitto; nella concezione classica la circostanza che i capitalisti anticipano ai lavoratori i salari e i mezzi di produzione prima del conseguimento del ricavo proveniente dalla produzione, giustifica la percezione di una parte del sovrappiù detta profitto;
- i proprietari terrieri, i quali cedono i loro terreni in affitto ai capitalisti, ricevendo da questi un particolare compenso detto rendita.

A differenza dei fisiocratici, i classici ritenevano che la creazione del sovrappiù non si verificasse solo nell'agricoltura ma anche nel settore manifatturiero, e che dipendesse dal lavoro umano.
Il sovrappiù non era destinato ai lavoratori, a cui era riconosciuto solo un reddito di sussistenza, ma veniva distribuito tra imprenditori e proprietari terrieri. La crescita economica si verificava allora in presenza di un incremento del capitale anticipato dai capitalisti e della forza lavoro (che i classici pensavano dipendesse dall'incremento demografico).

Per Smith, in particolare, un forte fattore di crescita della produzione era determinato dall'accentuarsi della divisione del lavoro che, secondo l'autore, provocava benefici effetti quali un incremento della produttività del lavoro, un risparmio di tempo e condizioni favorevoli per la creazione di invenzioni utili al processo produttivo.

Nella concezione classica il sovrappiù non è più legato a un solo settore produttivo e non può essere calcolato in termini fisici, come avevano fatto i fisiocratici, in quanto alla produzione manifatturiera concorrono diversi fattori produttivi. Venne allo scopo formulata la teoria del valore-lavoro: il valore di una merce è pari alla quantità di ore di lavoro che occorrono per produrla.
Smith distingue due tipi di valore, il valore d'uso e il valore di scambio. Mentre il primo dipende essenzialmente dalla capacità del bene di soddisfare un bisogno del singolo soggetto e risente quindi della valutazione soggettiva che il soggetto compie in relazione alle sue specifiche esigenze, il valore di scambio si basa, invece, su un dato oggettivo, poichè deriva dall'offerta e dalla domanda del mercato. E' a questo secondo tipo di valore che Smith applica la sua concezione del valore-lavoro e per un chilo di pane ce ne vogliono due, il valore del pane è il doppio di quello della stoffa.

venerdì 14 ottobre 2011

Gli obblighi della post-fatturazione: i registri Iva, liquidazione periodica, versamento e dichiarazione annuale

Oggi durante le due ore di economia aziendale abbiamo letto le pagine sugli obblighi della post-fatturazione.

Gli obblighi della post-fatturazione:

la post-fatturazione (espressione con cui si intendono tutti gli adempimenti che devono aver luogo dopo la fatturazione) comprende i seguenti obblighi:

- la registrazione delle fatture;
- la liquidazione periodica e il versamento dell'imposta;
- l'invio telematico dell'ammontare dei corrispettivi da parte dei contribuenti che svolgono attività commerciale;
- la trasmissione telematica di una comunicazione annuale;
- la presentazione della dichiarazione annuale.

I registri IVA:

le operazioni effettuate dai soggetti Iva devono essere annotate in appositi registri, che consentono di determinare periodicamente l'ammontare dell'imposta da versare all'Erario (oppure di quella a credito). Essi sono:

- il registro delle fatture emesse;
- il registro dei corrispettivi;
- il registro delle fatture d'acquisto (o registro degli acquisti).

Il D.p.r. 7/12/2001 n. 435 ha attribuito ai contribuenti che sono, ai fini delle imposte dirette, in regime ordinario di contabilità (tutte le società di capitali, e le imprese individuali e le società di persone con ricavi superiori a € 309.874,14 per le attività di servizi oppure a € 516.456,90 per le altre attività) la facoltà di non tenere i registri Iva a condizione che:

- le registrazioni vengono effettuate sul libro giornale nei termini previsti per i registri Iva;
- possano essere forniti all'Amministrazione finanziaria dello Stato, a richiesta, gli stessi dati che sarebbero stati annotati sui registri Iva.

Particolari agevolazioni sono previste per i contribuenti minimi; essi, infatti, hanno soltanto l'obbligo di:

- conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali di importazione;
- certificazione dei corrispettivi;
- trasmissione telematica dell'ammontare dei corrispettivi giornalieri, per i contribuenti che operano nella grande distribuzione organizzata.

Il registro delle fatture emesse:

nel registro delle fatture emesse (art. 23 D.p.r. 633/1972) devono essere annotate le fatture di vendita, secondo l'ordine di numerazione, entro i seguenti termini:

- le fatture immediate entro 15 giorni dalla data di emissione;
- le fatture differite entro il termine di emissione, coincidente con il giorno 15 del mese successivo alla consegna o alla spedizione.

La registrazione deve essere effettuata per le fatture immediate con riferimento al mese (o trimestre) in cui sono state emesse, per quelle differite con riferimento al mese (o trimestre) di consegna o di spedizione di beni venduti.

Così, ad esempio, una fattura immediata emessa in data 29/03 da un'impresa che liquida l'Iva mensilmente può essere registrata entro il giorno 13/04, ma deve essere considerata nella liquidazione del mese in cui è stata emessa, cioè del mese di marzo. In modo analogo, se la consegna delle merci ha avuto luogo il 7/11, la fattura differita può essere registrata entro il 15/12, ma deve essere considerata (nell'ipotesi di contribuenti mensili) nella liquidazione Iva del mese di novembre.

Eccezioni alla regola generale sono:

- le fatture emesse in seguito a cessioni di beni o prestazioni di servizi poste in essere nei confronti di determinati Enti pubblici (Stato, Enti pubblici territoriali, Aziende sanitarie locali, ospedali, ecc.). Dato il pagamento del corrispettivo da parte di tali soggetti avviene generalmente con notevole ritardo rispetto all'emissione della fattura, allo scopo di evitare al contribuente di dover anticipare l'imposta il documento di vendita deve essere emesso e registrato nel rispetto dei termini ordinari, ma la relativa Iva diviene esigibile, da parte dell'Erario, soltanto al momento del pagamento del corrispettivo. Per avvalersi del rinvio della liquidazione dell'Iva, il contribuente deve annotare la fattura nel registro delle fatture emesse con idonee evidenziazioni (ad esempio, in apposite colonne);
- le fatture emesse da operatori il cui volume d'affari non sia superiore a € 200.000 nei confronti di imprenditori e di esercenti arti e professioni; anche in questo caso, cedente e necessario emettono ed annotano le fatture nel rispetto dei termini ordinari, ma la relativa Iva diviene esigibile per L'Erario solo nel momento dell'incasso, e, comunque, dopo un anno dall'effettuazione dell'operazione, a patto che la fattura porti l'annotazione "Operazione con Iva a esigibilità differita ex art. 7, D.I. 185/2008".

In relazione a ciascuna fattura, nel registro devono essere annotati:

- il numero progressivo attribuito: può essere adottata un'unica numerazione annuale (a partire dalla prima fattura emessa nell'anno fino all'ultima), o una numerazione mensile, preceduta da un codice che identifichi il mese di emissione (ad esempio, A per il mese di gennaio, e così via);
- la data di emissione;
- i dati identificativi del compratore (ditta, ragione sociale o denominazione sociale, oppure nome e cognome);
- l'ammontare dell'imponibile distinto per aliquota;
- l'ammontare dell'imposta distinto per aliquota;
- per le operazioni non imponibili o esenti, il titolo di inapplicabilità dell'imposta e la norma ddi riferimento.

Nel caso in cui le fatture abbiano un importo inferiore a € 154,94 il Decreto Iva, allo scopo di limitare gli oneri amministrativi dei contribuenti, consente la registrazione, entro i termini visti in precedenza, di un unico documento riepilogativo, contenente gli elementi fondamentali (numeri, imponibile e Iva complessivi distinti per aliquote) delle singole fatture emesse.
Nel registro delle fatture emesse, infine, devono essere annotate le fatture relative agli acquisti effettuati nell'ambito della Ue. I soggetti Iva devono registrare le fatture relative agli acquisti intracomunitari e ai relativi servizi di trasporto sia nel registro delle fatture emesse che nel registro degli acquisti.
La fattura, al momento del ricevimento, deve essere numerata e integrata indicando l'ammontare dell'Iva, o il titolo e la norma di non assoggettabilità all'imposta. In alternativa, alla duplice annotazione, è possibile tenere un apposito registro, nel quale annotare soltanto gli acquisti intracomunitari.

Il registro dei corrispettivi:

- il registro dei corrispettivi (art. 24 D.p.r. 633/1972) è previsto per i commercianti al minuto e per coloro che esercitano attività assimilate (bar, alberghi, ristoranti, ecc.). Questi contribuenti vi annotano gli incassi giornalieri, certificati attraverso scontrini e ricevute fiscali, entro il giorno non festivo successivo a quello in cui le operazioni sono state effettuate.
E' consentita la registrazione riepilogativa, da effettuarsi entro il giorno 15 del mese successivo, di tutte le operazioni documentate da scontrino fiscale effettuate in ciascun mese solare.

Il registro delle fatture di acquisto:

nel registro delle fatture di acquisto (art. 25 D.p.r. 633/1972) i contribuenti devono annotare le fatture e le bollette doganali (nel caso di importazioni) relative a beni e servizi acquistati o importati nell'esercizio dell'impresa. La registrazione deve avvenire anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale si esercita il diritto alla detrazione dell'Iva.

La liquidazione periodica:

i soggetti Iva, come sappiamo, agiscono come "esattori" per conto dello Stato, nel senso che ad esempio sostituiscono nel pagare e riscuotere l'imposta; periodicamente calcolano il credito o il debito verso lo Stato, confrontando l'Iva riscossa dai clienti in occasione delle vendite e l'Iva pagata ai fornitori al momento degli acquisti (deduzione imposta da imposta).

E' importante ricordare il concetto di momento di esigibilità dell'Iva, cioè l'istante in cui sorge il diritto dell'Erario a percepire l'imposta.

Esso coincide, in linea generale, con quello della consegna dei beni venduti o dal pagamento del corrispettivo dei servizi presentati; esistono, però, delle eccezioni, tra le quali rientrano:

- le operazioni effettuate nei confronti di Enti pubblici, che divengono esigibili soltanto al momento del pagamento dei corrispettivi;
- le operazioni effettuate nei confronti di imprenditori ed esercenti arti e professioni da parte di operatori il cui volume d'affari non superi i 200.000 euro: anche in questo caso, a patto che il cedente dichiari espressamente in fattura di volersi avvalere di tale opzione, indicando anche gli estremi della norma di riferimento (art. 7 D.I. 185/2008). L'Iva sulle fatture diventa esigibile al momento dell'incasso e, comunque, dopo un anno dall'effettuazione dell'operazione (Iva per cassa).

La liquidazione dell'imposta consiste nel determinare periodicamente la differenza fra l'Iva esigibile (desumibile dalle annotazioni eseguite nel registro delle fatture emesse o, per le imprese al dettaglio, nel registro dei corrispettivi) e l'Iva sugli acquisti per la quale viene esercitato il diritto alla detrazione (risultante dal registro delle fatture di acquisto).

La periodicità con cui si deve procedere alla liquidazione dell'Iva è normalmente mensile; il relativo versamento, quando dovuto, deve essere eseguito entro il giorno 16 del mese successivo a quello cui la liquidazione si riferisce (o il primo giorno lavorativo successivo, se tale scadenza cade di sabato o di giorno festivo).

Il Decreto Iva consente ai contribuenti non ordinari di optare per il regime di liquidazione trimestrale, calcolando il saldo a debito o a credito verso lo Stato ogni trimestre solare. Il versamento, quando dovuto, deve essere effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla scadenza del trimestre. Relativamente al 4° trimestre dell'anno, la liquidazione deve essere effettuata entro il 16 febbraio dell'anno successivo; il termine per il versamento, invece, è il 16 Marzo.

I contribuenti che optano per la liquidazione trimestrale devono maggiorare l'importo dei versamenti dell'1% a titolo di interesse.

Il versamento dell'imposta:

Dalla liquidazione può risultare un saldo a debito oppure a credito del contribuente.
I contribuenti possono compensare tra loro i debiti e i crediti relativi alle liquidazioni Iva con quelli di altre imposte e contribuiti (ritenute alla fonte, contributi previdenziali, ecc.), che pure scadono il giorno 16 di ciascun mese. Ciò consente di versare un unico importo, operando una compensazione tra i debiti e i crediti relativi allo stesso periodo; in tal modo, un debito relativo all'Iva può essere compensato con un credito derivante da altre imposte o da contributi.

I versamenti devono essere effettuati esclusivamente in via telematica mediante il modello di pagamento unificato (mod. F24), direttamente tramite il sito Internet Fiscoonline (o il servizio Entratel) o ricorrendo ai servizi telematici offerti da banche e Poste, oppure ancora attraverso intermediari abilitati al servizio Entratel che utilizzano il software "F24 comulativo". Se la compensazione copre per intero le somme dovute, la parte di credito non utilizzata può essere fatta valere in occasione del primo versamento successivo o essere chiesta a rimborso.
I contribuenti mensili che per la tenuta della contabilità si avvalgono di altri soggetti (ad esempio, dottori commercialisti o esperti contabili) possono far riferimento, nella liquidazione periodica dell'imposta, alle operazioni effettuate nel secondo mese precedente; l'Iva da versare entro il 16 ottobre, ad esempio, può essere calcolata facendo riferimento alle operazioni del mese di agosto (anzichè a quelle di settembre).
Qualora l'importo da versare non sia superiore a € 25, 82, il versamento non deve essere effettuato e l'imposta dovuta va ad aumentare il debito del periodo successivo.

I contribuenti che operano nella grande distribuzione organizzata devono trasmettere in via telematica l'ammontare dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi con scadenza settimanale.

I contribuenti, entro il mese di febbraio di ciascun anno, devono trasmettere per via telematica all'Amministrazione finanziaria dello Stato una comunicazione riepilogativa, che sintetizza i dati (Iva esigibile, Iva portata in detrazione, differenza tra i due importi) relativi alle liquidazioni periodiche effettuate nel corso dell'anno precedente (D.p.r. 7 dicembre 2001, n. 435).

I soggetti Iva, inoltre, hanno l'obbligo di versare entro il 27 dicembre di ogni anno un acconto dell'imposta relativa al mese di dicembre (per i contribuenti mensili) o all'ultimo trimestre solare (per i contribuenti trimestrali).

L'acconto dee essere calcolato secondo una delle seguenti modalità:

- in misura pari all'88% dell'Iva versata in riferimento al mese di dicembre dell'anno precedente, nel caso di liquidazione mensile, oppure dell'Iva versata con la dichiarazione annuale dell'anno precedente, nel caso di liquidazione trimestrale (metodo storico);
- in misura pari all'88% dell'Iva che si prevede di dover versare per il mese di dicembre dell'anno in corso (o in sede di dichiarazione annuale per i contribuenti trimestrali), se inferiore a quella determinata secondo la modalità precedente (metodo previsionale);
- in misura pari all'imposta liquidata provvisoriamente sulla base delle operazioni effettuate dal 1° al 20 dicembre per i contribuenti mensili o dal 1° ottobre al 20 dicembre per i contribuenti trimestrali (metodo della liquidazione al 20/12).

L'acconto non deve essere versato se di ammontare inferiore a € 103,29; sul versamento effettuato dai contribuenti trimestrali non si applica la maggiorazione dell'1%.

Limiti oggettivi e soggettivi alla detrazione dell'Iva:

l'Iva sugli acquisti non è sempre detraibile; il diritto di detrarre dall'imposta sulle fatture emesse (Iva a debito) quella relativa alle fatture di acquisto (Iva a credito) non è, infatti, assoluto. Il principio fondamentale della detraibilità dell'imposta è quello dell'inerenza, in base al quale la detrazione spetta in relazione ai beni e servizi acquistati allo scopo di porre in essere operazioni imponibili.
Il decreto Iva (art. 19 e seguenti) pone alla detrazione due tipi di limiti:
- limiti oggettivi, che dipendono dalla natura dei beni e dei servizi acquistati;
- limiti soggettivi, che hanno origine delle caratteristiche dell'attività svolta dal soggetto acquirente.

Tra i limiti oggettivi, ricordiamo: l'Iva relativa all'acquisto, importazione e spese di gestione di telefoni portatili e radiotelefoni è detraibile soltanto nella misura del 50%.

Il principale limite soggettivo sussiste quando il contribuente, oltre a operazioni imponibili, effettua operazioni esenti da Iva.

La normativa prevede limiti alla detrazione nel caso di acquisto di beni o servizi utilizzati promiscuamente per effettuare operazioni imponibili e operazioni esenti da imposta.
La detrazione deve essere determinata in base a un particolare procedimento, denominato pro-rata, finalizzato alla determinazione della percentuale di detraibilità dell'Iva.
In altri termini, l'Iva assolta sugli acquisti è riconosciuta in detrazione in proporzione alla percentuale di operazioni imponibili sul totale del volume d'affari del soggetto Iva.

Un discorso a parte va fatto per gli automezzi destinati anche all'impiego personale dell'imprenditore, dei suoi familiari, dei soci, ecc.: l'Iva assolta al momento dell'acquisto è detraibile nella misura in cui gli stessi vengono utilizzati per realizzare operazioni imponibili, cioè per la parte destinata allo svolgimento dell'attività d'impresa; si applica, quindi, il principio dell'inerenza previsto dall'art. 19 del D.p.r. 633/1972. Infatti, con la scadenza del 14/9/2o06 la Corte di giustizia europea ha dichiarato il 15% dell'Iva sugli acquisti di automezzi destinati anche all'uso personale.
Occorre tuttavia precisare che l'Italia (come molti altri Stati dell'Ue) ha ottenuto dall'Unione europea un'apposita deroga al principio, in base alla quale la quota detraibile dell'ammontare dell'Iva assolta all'acquisto dei suddetti automezzi viene determinata in modo forfetario nella misura del 40%.
E' invece interamente detraibile l'Iva assolta all'acquisto di autoveicoli utilizzati esclusivamente quali beni strumentali o di carburanti, lubrificanti, ecc. ad essi destinati