lunedì 10 ottobre 2011

Il metodo dell'economista e le leggi economiche

Oggi durante l'ora di economia politica abbiamo letto le due pagine riguardanti il metodo dell'economista e le leggi economiche.

Come ogni scienza, anche l'economia cerca di scoprire il significato dei fatti studiati e i legami che sussistono tra determinati fenomeni (leggi scientifiche).

L'economista è interessato, ad esempio, a conoscere se la quantità domandata di un bene aumenta, diminuisce o resta invariata qualora venga alzato il prezzo di vendita del bene, o a scoprire cosa accade al valore della moneta se si aumenta la quantità di banconote in circolazione.

Nelle scienze esatte, come la fisica e la chimica, il nesso tra determinati fenomeni viene ricavato dall'esito di un esperimento verificabile. Se l'esperimento non riesce, ad esempio, la combinazione di due elementi chimici non produce quella determinata reazione, la legge non esiste.
Si ha una legge scientifica esatta quando le relazioni tra i fatti studiati si ripetono in modo costante, senza mai eccezioni. Il raggiungimento di leggi esatte è possibile solo quando i dati da cui la legge viene tratta sono riprodotti fedelmente in laboratorio dallo scienziato, in maniera che il fenomeno studiato sia sempre perfettamente lo stesso.

L'economia politica, in quanto scienza che studia i comportamenti umani, rientra tra le cosiddette scienze sociali e pertanto non è una scienza esatta. Oggetto dell'analisi dell'economista sono fenomeni che non possono essere riprodotti fedelmente in laboratorio in esperimenti controllati e verificabili, quanto piuttosto situazioni tratte dalla realtà vissuta degli uomini, ricavate spesso dalle testimonianze di qualcuno, ad esempio di questo o quell'imprenditore, o dall'elaborazione degli storici e dei sociologi, che esprimono una loro riflessione sui fenomeni sociali, o desunti dagli elaborati degli statistici, che traducono in numeri i rilievi effettuati dagli operatori, e così via. Il fenomeno studiato è quindi già in partenza difettoso, contaminato com'è da tali e tante percezioni soggettive.

Si aggiunga che i fenomeni economici hanno una precisa dimensione storica e geografica, pertanto la legge che può valere in un determinato momento storico e in un certo luogo può non essere più vera in un altro periodo o in un luogo diverso. La produzione, il consumo, il lavoro, ad esempio, sono fenomeni condizionati dal grado di sviluppo tecnologico del sistema, da, modificarsi dei costumi sociali, dal verificarsi di eventi straordinari, come una guerra o una carestia.

Il laboratorio dell'economista è costituito dal modello, cioè da uno schema mentale semplificato della realtà dove l'economista simula il verificarsi dei fenomeni e individua le leggi economiche.

In esso i comportamenti esaminati non corrispondono a quelli esistenti nella complessa realtà economica. Affinchè il modello produca dei risultati accettabili occorre che l'economista mantenga costanti tutte le variabili coinvolte nel fenomeno esaminato, con la sola eccezione di quelle che si vogliono esaminare. Se, ad esempio, vuole studiare le possibili relazioni che sussistono tra la disoccupazione e le variazioni del saggio degli interessi sui prestiti bancari, deve supporre che non mutino gli altri fenomeni che possono ugualmente influire sul mercato del lavoro, come ad esempio l'andamento delle esportazioni, il prelievo fiscale, l'aumento dei consumi, ecc. Diversamente lo studioso non riuscirebbe a formulare le sue leggi, potendo ogni variabile essere la causa dell'evento esaminato ovvero potendo più variabili du segno opposto impedire all'evento di verificarsi.

Le leggi dell'economia non sono dunque leggi scientifiche esatte, sempre vere e verificabili, quanto piuttosto delle relazioni tra fenomeni economici che presentano un elevato grado di regolarità. Esse non esprimono verità assolute, ma linee di tendenza che possono essere smentite dalla realtà senza che ciò comporti automaticamente il venir meno della legge. La legge della domanda, ad esempio, afferma che la quantità di un bene che un soggetto è disposto ad acquistare si riduce all'aumentare del suo prezzo. E' tuttavia possibile che un soggetto, per ragioni imprevedibili legate, ad esempio, al diffondersi di una moda, o anche a un particolare stato d'animo, disattenda la legge e si comporti in senso opposto a quanto teorizzato nel modello.

Alla formulazione delle leggi economiche si previene utilizzando sostanzialmente de differenti metodi, quello induttivo e quello deduttivo.
Il metodo induttivo procede, per così dire, dal basso verso l'alto: dallo studio della realtà fattuale l'economista ricava i postulati della legge. Così, osservando il comportamento del consumatore al supermercato lo studioso elabora la legge della domanda.
Il metodo deduttivo opera al contrario: l'economista prende le mosse da affermazioni generali per dedurre, attraverso passaggi logici, la spiegazione del fenomeno e trarne una legge. Un semplice esempio di metodo deduttivo è il sillogismo (che si fa risalire al filosofo greco Aristotele) attraverso il quale si svela un fatto in sè evidente collegandolo ad altri fatti noti. Per esempio: le imprese producono, le banche sono imprese, quindi le banche producono.

Nessun commento:

Posta un commento