Almeno fino ad oggi negli anni Ottanta del XIV secolo, però, questa confusione di linguaggi non è così evidente. Nelle rivolte che scuotono le Fiandre, la Francia, la Francia, l'Italia gli obiettivi sono di natura più immediatamente sociale e politica, e il rinvio alla spiritualità cristiana è piuttosto allusivo, quando non manca del tutto.
Le Fiandre:
è una fase, questa iniziale, nella quale le Fiandre si distinguono per una speciale irrequietezza. Nel 1323 l'imposizione di nuove tasse considerate eccessive spinge contadini e artigiani dei villaggi fiamminghi a una rivolta che dura cinque anni, coinvolgendo anche le città di Bruges e Ypres. In seguito, sono gli effetti congiunti della guerra dei Cent'anni e della depressione economica conseguente alla crisi demografica che riaccedono le tensioni, spingendo più volte, dal 1338 al 1345, e poi di nuovo dal 1377 al 1383, i cittadini di Gent ed di altre città alla rivolta, ora contro il conte, ora contro il re di Francia, di cui le Fiandre sono un feudo, ora contro i contadini che - in campagna - cercano di lavorare la lana a costi più bassi di quelli previsti dalle corporazioni artigiane cittadine.
La Francia:
intanto anche la Francia è investita da una rivolta (chiamata jacquerie, dal tipico soprannome del contadino francese: Jacques Bonhomme) che appare - a molti - assolutamente inaudita per la brutalità e la violenza che la caratterizza. Siamo all'inizio dell'estate del 1358: la guerra con l'Inghilterra è in corso da ventun anni. Il re Giovanni è stato catturato con due anni prima dagli inglesi, nella battaglia di Poitiers, e per far fronte alla situazione il reggente intensifica il reclutamento di uomini, mentre si chiedono nuove tasse e nuove prestazioni di lavoro ai contadini.
A costoro la misura sembra colma: la ribellione ha inizio nel Beauvaisis e si diffonde ad altre aree, trovando perfino appoggio presso le corporazioni mercantili parigine che, guidate dal loro capo, Ètienne Marcel, cercano di conquistarsi uno spazio maggiore nel governo della città e del regno; la sommossa rurale dura poco ma è costellata di episodi di brutale degradazione dei potenti, dei loro corpi, dei loro beni, a cui i nobili francesi rispondono organizzandosi e mettendo in atto una repressione spietata che provoca all'incirca 20.000 morti come narra Jean Froissart nelle sue Cronache. Poco più tardi anche Ètienne Marcel viene assassinato e le ambizioni dei borghesi parigini vengono messe a tacere.
L'Italia:
passano quindici-vent'anni e un'altra sanguinosa esplosione di rabbia scoppia in Italia. Questa volta la ribellione non nasce in campagna ma in città, e alla città resta circoscritta. E' il cosiddetto popolo minuto di artigiani e operai che si ribella, prima a Perugia e a Siena, nel 1371 , poi, molto più gravemente, a Firenze, nel 1378.
All'epoca Firenze è sede di numerosi laboratori che producono tessuti di lana (sono poco meno di 300 e vi lavorano all'incirca 10.000 operai). I mastri artigiani, proprietari dei laboratori produttivi, hanno diritto, insieme con mercati e artigiani di altri settori, di esprimere una loro rappresentanza al governo della città. Invece gli operai del settore laniero - chiamati ciompi, un termine dall'origine etimologica incerta - non sono organizzati in alcuna corporazione e quindi non hanno il diritto di partecipare alla vita cittadina; per questo motivo sono anche esposti a condizioni di lavoro particolarmente pesanti.
Nell'estate del 1378 i ciompi chiedono la costituzione di una propria corporazione che li tuteli e permetta loro una più diretta partecipazione alla vita politica cittadina: accogliere la loro richiesta significa democratizzare in modo piuttosto radicale l'accesso alle cariche politiche, il che, alla fine, spaventa tanto i più ricchi mercanti, quanto i padroni delle botteghe laniere, quanto i membri di altre corporazioni minori.
Costoro hanno buoni motivi per temere, poichè alla fine di luglio i ciompi riescono a imporre la costituzione di tre nuove corporazioni, di cui una per la loro categoria, la più numerosa di tutte, e altre due per i tintori e per i sarti, guadagnandosi in tal modo l'accesso alle cariche nel quadro di un nuovo ordinamento politico, molto più democratico del precedente.
Lo scontro ora si fa più duro; per reagire alla riforma politica imposta dai loro operai i maestri artigiani dichiarano la serrata, cioè la chiusura delle botteghe, lasciandoli senza lavoro e senza paga. La protesta dei ciompi diventa più veemente, fino a che, alla fine di agosto, allarmati dalla loro aggressività e dalla loro disperazione, anche gli artigiani degli altri settori si uniscono ai grandi mercanti e alle milizie cittadine nel reprimere, armi alla mano, la rivolta, che viene soffocata nel sangue. La corporazione dei ciompi viene subito sciolta.
Le tensioni continuano ancora per alcuni anni, fino a che, nel 1382, vengono definitivamente abolite anche le altre due corporazioni di nuova istituzione, per tornare alla organizzazione socio-politica precedente al 1378.
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